Economia

L’affare Eurostat

L'affare Eurostat

Questa storia di Eurostat merita qualche riflessione, anche perché sembra nascondere qualche cosa di assai più importante. Che l’opposizione si limiti a liquidare la cosa accusando il governo italiano di trucchi contabili è segno di vedute corte e troppo bollore polemico. Ragioniamo a mente più fredda.

Il fatto è noto : l’Ufficio Italiano Cambi passa alla Banca d’Italia un certo quantitativo di oro, tale passaggio è obbligato dalle norme europee, oltre tutto; nel passaggio si crea una plusvalenza, vale a dire che l’oro viene venduto ad un valore più alto rispetto a quello cui era stato acquisito, e fin qui tutto normale; sulle plusvalenze Banca d’Italia paga le tasse, e questo fa affluire nelle casse del fisco poco più di 3.000 miliardi. Questi miliardi, ed è qui il problema, vanno ad alleggerire il deficit pubblico e, quindi, consolidano il rispetto italiano dei parametri di Maastricht.

Qui interviene Eurostat, che è una direzione generale della Commissione Europea, ed è l’agenzia preposta a verificare la regolarità ed attendibilità dei conti presentati da ciascun paese UE. Eurostat, appunto, dice che l’operazione è illegittima, che l’UIC e la Banca d’Italia non possono essere considerati due soggetti distinti, e pertanto, quei 3.000 miliardi vanno tolti dai conti utili per Maastricht.

A fronte di questo giudizio, e questo è assai significativo, il governo italiano assume atteggiamenti contraddittori : da una parte il Tesoro afferma che si tratta di una cosa irrilevante, dato che, comunque, rispettiamo il parametro del rapporto fra deficit e Pil; dall’altra il presidente del Consiglio si lascia andare ad affermazioni assai pesanti, con le quali si sostiene che l’Italia sta subendo un’ingiustizia e che ci stanno imbrogliando. Cosa c’è dietro?

Il Tesoro ha ragione, ma mette il dito sulla piaga : l’operazione oro non era indispensabile per far quadrare i conti italiani, ed è evidente che, per la sua natura, non poteva non far sorgere qualche dubbio. In queste condizioni o al Tesoro ci sono dei polli, oppure hanno preventivamente chiesto un’opinione informale, circa l’operazione oro, agli interlocutori comunitari. E’ ragionevole supporre che sia giunto prima un informale via libera e, poi, una formale bocciatura. Da qui la reattività delle nostre autorità politiche.

Ma se le cose sono andate così, perché ciò è successo? Ed è mai possibile che Kohl, durante la recente visita in Italia, non abbia accennato a questi temi? Difatti quel viaggio è assai importante. I giornali italiani ci hanno raccontato quel che Kohl e Prodi hanno mangiato e, già che c’erano, si sono anche bevuti il comunicato ufficiale secondo cui tutto va bene, madama la marchesa. Sicuri?

La bocciatura di Eurostat puzza di bruciato, e segna un inversione degli orientamenti ufficiali : fino a qualche settimana fa l’Italia doveva entrare nell’Euro fin da subito, da qualche settimana, invece, tira un brutta aria.

Il Trattato di Maastricht è li a disposizione di chi voglia leggerlo, ed è fuori discussione che, al di là degli strombazzamenti propagandistici, l’Italia non rispetta tutti i parametri : il rapporto fra debito pubblico e Pil è ben oltre il doppio di quel 60% consentito. In Italia ci si comporta come se questo fosse un dettaglio da ragionieri maniacalmente pignoli, ma le cose stanno in modo assai diverso, tanto più che il valore assoluto del nostro debito si aggira attorno al 30% del debito complessivo di tutti e 15 i paesi UE. Noi non rispettiamo tutti i parametri, e, pertanto, il nostro ingresso, come quello degli altri, è subordinato ad un giudizio politico. Questo è il punto : ieri l’orientamento politico era a noi favorevole, oggi no. Questo è venuto a dire Kohl.

Blair ci ha manifestato la sua solidarietà, ma oltre non può andare, tenuto conto che la Gran Bretagna si guarda bene dall’entrare subito nell’Euro. Gli interlocutori del governo italiano, pertanto, rimangono i francesi : hanno un governo socialista, si stanno suicidando con le 35 ore, e non potrebbero tollerare di rimanere appesi al Marco, da soli, così come si rimane impiccati al calar delle tenebre. L’ingresso dell’Italia nell’Euro dipende da quanto i francesi vorranno e potranno impuntarsi. Questo è il punto di politica internazionale, mentre non ci vuole molta fantasia per immaginare cosa succederebbe se l’intera operazione, comunque, non riuscisse a superare le fortissime resistenze di una parte consistente dell’opinione pubblica europea, e segnatamente tedesca. Non è, dunque, un problema di sincerità o di furbizia, è un grosso problema politico, sul quale tutti farebbero bene ad aprire gli occhi.

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