Giustizia

Intercettando torti e ipocrisie

Intercettando torti e ipocrisie

Adesso s’innesta la marcia indietro, nella speranza che tornare al testo approvato alla Camera dei deputati, in tema d’intercettazioni, svelenisca il clima e faciliti le cose. Se avessero provato a seguire i ragionamenti che qui svolgevamo, assai per tempo, non si troverebbero negli attuali, inutili guai. D’intercettazioni telefoniche si parla a vanvera: se ne fanno più che altrove, se ne pubblicano i testi come fossero romanzi d’appendice, ma non per questo abbiamo più sicurezza e più giustizia. Sui giornali compaiono spazi gialli, con scritte surreali: senza le intercettazioni non avremmo scoperto questi reati. Roba da matti: in nessuno di quei casi c’è lo straccio di una sentenza definitiva, quindi dell’accertamento di un reato. Si parla, invece, di roba capovolta, come la libertà di stampa o quella d’indagare. Sicché, prima di argomentare sulle ingiustificabili colpe governative, sento il bisogno di dire che l’ipocrisia al cubo dà proprio il voltastomaco.

Un giornalismo prostrato alle procure, composto da velinari, rivendica il diritto di scambiare per informazione le ipotesi d’accusa, considerando notizie gli orecchiamenti sulle vite private. A questo giornalismo non manca la libertà, ma la dignità professionale. La degenerazione ha fatto talmente tanta strada che si teorizza apertamente il diritto alla difesa per i sospettati, da esercitarsi, però, non in tribunale, ma sui giornali. Oramai non c’è più neanche orrore di quel che si scrive, anzi, s’è persa la capacità d’inorridire, tanto è regredita la cultura, tanto s’è storto il diritto. I copisti, inoltre, sono servi attenti a rispondere al padrone, quindi le carte delle procure vanno subito in pagina, ma facendo attenzione a non disturbare i propri finanziatori e cercando d’infastidire quelli altrui. Non è libertà, non è concorrenza, non è diversità d’opinioni, ma equidistribuzione della miseria. Se il giornalismo fosse una cosa seria non aspirerebbe a copiare, ma ad essere fonte d’inchieste. Ma figuratevi! A noi capitò di farlo, un lavoro di quel tipo, e ci ritrovammo spiati da gente pagata con i soldi di Telecom Italia, mentre aspettando d’avere giustizia diventeremo vecchi.

Detto ciò, la legge in discussione non serve ad un fico secco e contiene notevoli corbellerie. Non metterà il bavaglio a nessuno, perché non risolve niente. Serve solo al centro destra, per farsi del male. Com’è consuetudine, da anni.

In un Paese civile non s’intercetta né tanto né poco, ma quel che serve, e non ci si mette ad ascoltare quelli che si pensa possano essere colpevoli (come stabilisce scioccamente il testo in discussione), ma quelli che si ritiene siano pericolosi. Solo che, nei Paesi civili, questa roba la fanno le polizie e al magistrato si arriva solo se si trova qualche elemento di colpevolezza. Altrimenti si butta tutto e nessuno lo verrà mai a sapere. Da noi, ed è questa la follia, i magistrati non sono i garanti della libertà e della sicurezza d’ogni singolo cittadino, ma i suoi accusatori, indagatori e intercettatori. Quando hanno finito, per legge, depositano gli atti, e quando li hanno depositati, per barbarie, li si considera pubblici, quindi li trovate sui giornali, a cura dei copisti. E va così quando va bene, perché poi ci sono i magistrati specializzati nel far filtrare la notizia quando fa comodo a loro, prima del deposito, utilizzando il servogiornalista di fiducia. Se non si mette mano a quel meccanismo (e credo si possa farlo stabilendo che mai le intercettazioni sono prove e mai si depositano) tutto il resto è vaniloquio. Fin qui nessun magistrato ha condannato il collega che diffonde notizie, mi spiegate perché dovrebbero condannare i giornalisti soci dei colleghi?

Anche dire che si possono pubblicare le notizie solo al momento dell’udienza preliminare è una bella idiozia. Il problema da risolversi riguarda l’incivile distanza fra il momento in cui diventa noto che sono accusato e quello in cui mi assolvono. Questo è il nodo, lì si deve agire. Se ci si limita a dire che la notizia può essere diffusa dopo il rinvio a giudizio è come accettare l’idea che quel passaggio menomi la presunzione d’innocenza, quindi compiere un nuovo passo verso il baratro.

Il sottosegretario statunitense, per il canto suo, dovrebbe far la cortesia di documentarsi. Da noi si spendono, pro capite, più soldi che negli Usa, per le intercettazioni. Ma questo è niente. L’ultima volta che, per il tramite d’intercettazioni, si sono messe le mani addosso ad un presunto terrorista islamico, consegnandolo ad agenti americani, gli uomini delle nostre forze dell’ordine ne hanno rimediato un processo per rapimento. Lo sapeva? E ha idea che l’Italia è l’unico Paese del mondo civile in cui chi intercetta è collega di chi giudica? Se vuole il nostro sistema, se lo prenda. A me dia in cambio il suo, per favore.

Una nuova legge ci vuole, eccome, ma su tutta quanta la giustizia. Quella relativa alle intercettazioni, è una pezza colorata, che neanche copre il buco. Esempio pratico: il pm passa le intercettazioni, come passa ogni altra carta che serve ad accusare, con un click il giornalista socio le invia ad un sito straniero amico, mettiamo austriaco, a quel punto la notizia torna in Italia. Che si fa: la leggono gli austriaci, cui non gliene cale un piffero, e non gli italiani? Ci hanno pensato, quei geniacci che da anni cambiano la legge senza mai imbroccare il diritto?

Sì, certo, l’opposizione fa anche più pena. Cambia posizione a seconda delle stagioni e delle telefonate, va a rimorchio dell’ultimo forsennato in toga, manifesta e firma per quel che (in realtà) detesta. Vero. Ma mica è una gara a chi ha più torto. Né è una soluzione mettere la fiducia, perché questo serve solo a far approvare quel che sarà subito dopo aggirato, per giunta avendo fatto la parte di quelli che vogliono imbavagliare la libertà. Gli unici imbavagliati, invece, sono gli italiani che subiscono accuse e non possono difendersi, che vengono massacrati e poi assolti, sputtanati e poi rilasciati, torturati e poi compatiti. Ma di quelli, diciamocelo, non frega niente a nessuno, salvo qualche fissato, che si fa nemici per ogni dove.

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