Idee e memoria

Fra Kiev e Caracas

Della libertà e del benessere degli altri europei, per un tempo lunghissimo, è interessato a pochi. In compenso sfilavano cortei, si organizzavano concerti e si versavano lacrime per la libertà in America Latina. Oggi, però, tutti parlano di Kiev e nessuno (salvo i soliti pochi) di Caracas. Tutti si sentono ucraini e nessuno venezuelano. E sì che la Repubblica Bolivariana è passata dalle mani di un despota megalomane, Hugo Chávez, a quelle di un despota cleptomane, Nicolás Maduro, entrambe alleati dei dittatori cubani e allievi della loro dottrina repressiva. E sì che le grida d’aiuto che vengono dai liberi venezuelani sono idiomaticamente più comprensibili di quelle dei liberi ucraini. Non voglio stilare una graduatoria, ma capire l’incredibile disparità.

Due sono i criteri più usati, per provare a capire: quello destra-sinistra e quello europei-lontani. Entrambe non spiegano nulla. Leggiamone la bugia, prima di arrivare al terzo, più efficace, che intitolerei al falso idealismo, basato sull’ignoranza. Il criterio destra-sinistra sembra funzionare nel caso venezuelano, come, del resto, in quello cubano: siccome il dittatore si tinge di rosso, ne consegue che non può essere messo al pari delle giunte militari e fasciste. Il che è vero, perché le seconde sono durate di meno. Crolla, però, in Ucraina, dove i sentimenti anti russi, molto presenti nella piazza Majdan, hanno preso, nella storia (e nel presente), anche forme di destra estrema, fino al nazismo. Sicché leggo la cosa in modo diverso: il fascino dei movimenti sud americani consisteva nel potere essere usati contro gli Stati Uniti. Finita quella funzione sono stati dimenticati.

Il criterio secondo cui ci sentiamo più coinvolti dalla sorte degli europei, rispetto a popoli lontani, magari non è generosa, ma sembra razionale. Invece è priva di fondamento, visto che la gran parte della presunta cultura italiana de sinistra, ivi compreso l’attuale presidente della Repubblica, non solo non si sentì schiacciare dai carri armati che entrarono a Budapest, non solo non arse di rabbia, con Jan Palach, a Praga, ma, anzi, s’industriò a giustificare la miseria e l’oppressione in cui quegli europei erano stati chiusi dalla cortina di ferro. In compenso tutti si sentirono assediati nel palazzo della Moneda, assieme a un Salvador Allende che supponeva di potere portare il socialismo in Cile. No, direi che questo criterio non regge.

E allora? Allora capita che studiando poco e facendosi una cultura con i film s’incorre nell’errore di credere che gli orsi siano tutti socievoli come Yoghi. E che abbandonandosi al moralismo senza etica si supponga che gli interessi siano sempre immondi, specie quando sono i nostri. Vale per il gas che passa in Ucraina, come per il petrolio che si estrae in Venezuela. Il primo sembra spiegare che l’intervento armato russo ha finalità di mero portafoglio, dimenticando il fatto che in Ucraina si combattono bande di ladri e cancellando la storia da Pietro il grande in poi, con i russi che si vivono come potenza mondiale, mentre gli occidentali sono disposti a riconoscere solo un ruolo regionale. Mentre il secondo, il petrolio, sembra giustificare la pretesa antioccidentale dei chavisti, per non cadere nelle mani della speculazione, mentre, all’opposto, è la merce di scambio per avere il sostegno e la consulenza dei castristi, maestri nella sopravvivenza degli aguzzini. E finché queste allucinazioni riguardano solo qualche fighetto intellò, passi, ma l’Unione europea che s’è messa a negoziare un accordo di libero scambio con l’Ucraina, supponendo di poterlo fare senza mettere in conto Mosca e non accorgendosi d’essere solo merce di scambio  per far aumentare i finanziamenti russi, è un caso tragico d’incapacità diplomatica e buio culturale.

La politica estera è il terreno in cui raggiunge la massima tensione ed espressione la convivenza fra ideali, interessi, storia e geografia. Non deve fare paura la politica degli interessi, perché gli ideali (specie di popoli, terre e religioni), da soli, restituiscono sangue. Né devono fare paura gli ideali, perché gli interessi, da soli, producono grettezza e decadenza. Un atlante storico aiuta, molto. E una buona coscienza serve a sentirsi in colpa, per essersi dimenticati di quanti, in Venezuela (come in altre parti del mondo) combattono per la libertà accompagnati dal nostro disinteresse, inteso come mancanza di cultura e sensibilità necessarie per interessarsi. Nessuno può mettersi a fare il redentore del mondo, anche perché da lì nascono incubi. Ma la bontà a intermittenza è riprovevole. O dimostra una testa da Bubu.

Pubblicato da Libero

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