Politica

Cossiga e la nota lobby

Francesco Cossiga ha ripreso ad utilizzare quel linguaggio che, ieri, gli procurò le accuse di follia e quelle di attacco alla Costituzione. Oggi può servirsene con più tranquillità, visto che gode della copertura aerea della sinistra.

Ha messo un suo uomo al ministero delle Comunicazioni, da qui crede (e si sbaglia) di potere minacciare gli interessi imprenditoriali di Berlusconi, e poco ci manca che gli facciano un monumento (che suggeriremmo di mettere accanto a quello di Moro che legge l’Unità).

Ma questo è il colore, guardiamo alla sostanza. Perché Cossiga si scaglia con tanta assenza di limiti e buon gusto contro Berlusconi? La risposta è politica, non attinente alle simpatie od antipatie personali : lo fa perché conduce una battaglia contro il maggioritario ed a favore di una realtà parlamentare che si riallacci alla tradizione proporzionalista; e dato che Berlusconi, con Fini, è fra i pochissimi disposti a difendere il maggioritario vede in lui un nemico.

All’opposto le cronache si sforzano di consegnarci un D’Alema ragionevole e dialogante che, nonostante le intemperanze di certi alleati gladiatori, non intende logorare il rapporto con l’opposizione. Perché lo fa? Non certo per buonismo, ma per convenienza : egli sa bene che se si scivolasse verso realtà proporzionali perderebbe il potere che gli deriva dall’essere il leader del più consistente partito del fu Ulivo; quindi lavora affinché il maggioritario non tramonti dall’orizzonte politico italiano.

Rieccoci, dunque, all’inizio della Bicamerale (di cui Berlusconi e D’Alema furono le colonne, e Cossiga fu avversario, a conferma del fatto che nulla di nuovo c’è sotto il sole). La situazione attorno, però, non è la stessa.

Oggi D’Alema non è più un leader politico interessato a che i rapporti istituzionali si chiariscano, in modo, fra l’altro, da potere guidare un governo senza interposto Prodi. Oggi egli è a capo di un governo la cui nascita è stata resa possibile da rapporti istituzionali torbidi. Ieri la prima mossa fu di Berlusconi, che aprì la strada alla Bicamerale ed alla presidenza D’Alema; oggi la prima mossa spetta a D’Alema, il quale non può chiedere che il dialogo istituzionale serva a rafforzare il governo.

Dietro a ciò avanzano tre scadenze incandescenti. La prima, il referendum sulla legge elettorale : farebbe comodo alla coalizione governativa che la Corte Costituzionale lo togliesse dai piedi, in caso contrario molte contraddizioni emergerebbero subito. La seconda, l’elezione del capo dello Stato : se si andasse verso la conferma di Scalfaro neanche più i bambini scemi crederebbero alla favola del rinnovamento. La terza, le elezioni europee : sarà la fiera del proporzionale, e, per giunta, se l’opposizione ne comprenderà la natura tecnica, una possibile sede di delegittimazione politica della maggioranza.

In questo contesto l’agitarsi di Cossiga è un problema drammatico per i suoi soci di coalizione, e niente più che un fastidioso rumore per i destinatari dei suoi insulti. E poi, Cossiga, ci fornisce anche occasioni di sereno compiacimento : quando si ripresentò sulla scena a propugnare il neocentrismo taluni lo presero per le chiappe, mentre noi dicemmo che si trattava di una cosa da prendere sul serio; adesso che l’ha spuntata vediamo i denigratori di ieri stendersi ai suoi piedi ed elogiarlo. L’assenza di coerenza e dignità della “nota lobby” ci riempie di buon umore.

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