Politica

D’Alema verso il fallimento

Dopo poco meno di due mesi il bilancio del governo D’Alema è davvero negativo. Peccato. Aveva la possibilità di essere un buon governo.

Certo, la maggioranza era quello che era e l’atto di nascita era caratterizzato dalla defenestrazione brutale di Prodi, eppure D’Alema avrebbe potuto tirar fuori una certa capacità professionale, avrebbe potuto raccogliere i frutti delle semine altrui, avrebbe potuto occupare uno spazio, assai vasto, lasciatogli libero da certi impacci dell’opposizione. Tre mi sembrarono i punti sui quali avrebbe potuto dimostrare di saper governare, di voler durare e di rendere un buon servizio al paese : a) la politica estera, con un saldo ancoraggio all’occidente; b) la politica previdenziale e fiscale; c) la questione della giustizia. Su questi punti il bilancio è davvero bruttino.

Ocalan basta ed avanza per spiegare l’incapacità con cui si gestisce la politica estera: proteggere un criminale mettendo in difficoltà le forze laiche turche, a tutto vantaggio degli integralisti islamici, facendosi abbandonare dai compagni tedeschi per cui ancora ieri si faceva campagna elettorale, è un capolavoro di rara fattura.

Ma anche sull’immigrazione non si scherza. Quel continuo richiamo di D’Alema all’Italia “grande paese” ha sì un sapore propagandistico, ma un sapore da propaganda fascista. Dica, piuttosto, che siamo ricchi e che non possiamo chiuderci in una ricchezza che dovrebbe essere difesa con le armi, lo dica agli italiani e, già che ci si trova, lo dica anche ai partners europei.

La politica previdenziale e fiscale naviga fra il dramma ed il ridicolo. Il dramma di non potere e sapere toccare un sistema pensionistico che esploderà; il ridicolo di un ministro delle finanze che sembrava competente solo quando non faceva il ministro delle finanze.

La questione giustizia, infine, segna la sconfitta di un mondo politico e di un governo che lascia ancora ai magistrati il compito di aprire o chiudere la strada alle leggi ed al lavoro del Parlamento.

Machiavellismo smaliziato? doppia morale togliattiana? ma no, qui c’è solo vuoto ed incapacità, il tutto colmato dai soliti discorsi, scritti dai soliti uffici, che dicono le solite cose, solo corrette, qui e là, dal tocco originale del nuovo collaboratore ex comunista.

Si potrà, in una simile situazione, realizzare la riforma del sistema elettorale? La cosa appare assai improbabile, e Giuliano Amato può agitarsi quanto gli pare, come la mosca caduta nel latte che, sbattendo le ali fa la panna. Eppoi, chi non avesse del tutto dimenticato le lezioni della scuola marxista potrebbe riflettere sul fatto che tale riforma riguarderebbe la sovrastruttura, lasciando immutata, e malata, la struttura di un paese mal governato.

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