Politica

Demolizioni in corso

Anziché affondare nelle sabbie mobili di polemiche dissennate, o massacrarsi in scontri propagandistici che servo solo a indebolire tutti, si provi a rispondere a questa domanda: perché la sinistra, quand’era al governo, fece redigere dal ministro della giustizia, Clemente Mastella, un disegno di legge contro le intercettazioni e contro la divulgazione di atti giudiziari? Lasciate perdere le questioni di coerenza, che neanche sanno di che si tratta. Posto che la crisi del governo Prodi fu determinata dalle inchieste giudiziarie, domandatevi perché non avete saputo più nulla della famiglia Mastella, mentre siete stati inondati da cricche e P3, a suon d’intercettazioni. Le risposte, messe in parallelo con la surreale unanimità sul caso Ganzer, dovrebbero suggerire qualche inquietudine, non l’ennesimo bisticcio.

Il ddl Mastella era migliore del pastrocchio sul quale il governo Berlusconi si gioca la pelle, e che farebbe bene a cancellare. Vietava la pubblicazione, anche parziale e per riassunto, d’atti d’indagine, compresa ogni forma d’intercettazione, e se il fascicolo processuale poteva ritenersi pubblico al termine dell’udienza preliminare (avrei obiezioni di principio, ma non qui), quello del pubblico ministero (le carte d’accusa) non era pubblicabile fin dopo la sentenza d’appello. Per chi avesse violato il divieto, giornalisti compresi, sarebbero fioccate galera e ammende. In quanto alle intercettazioni legittime, potevano durare 15 giorni, prorogabili, con decreto motivato, per altri 15, per un periodo comunque non superiore a 3 mesi. Il ddl fu presentato, senza provocare la pagliacciata degli imbavagliamenti e dei post it giornalistici, e fu anche approvato, dalla Camera dei Deputati, con 447 voti favorevoli, 7 astenuti e neanche un voto contrario. Poi ci furono la crisi e le elezioni anticipate.

La buriana giudiziaria si placò, per riaccendersi qualche mese dopo, in un crescendo rossiniano che partì dalle foto raccolte dentro casa del presidente del Consiglio (in nessun Paese questo può avvenire, almeno non a cura di un paparazzo), per passare, velocemente, agli affari della protezione civile e ad una presunta associazione segreta, con una puntatina deliziosa circa il fatto che i governanti attuali sarebbero i mandanti delle stragi mafiose, in singolare tandem rivelativo di pentiti ed ex vertici della Repubblica.

Se si fa un passo indietro e si guarda il quadro nel suo insieme, se non ci si lascia ipnotizzare dalle singole pennellate, se ne comprende il soggetto. E, in questo, Silvio Berlusconi sbaglia: il problema non è la sinistra, semmai un mondo sinistro.

Mi ha colpito quel che è successo dopo la condanna del comandante dei Ros a 14 anni di carcere, e sono stato l’unico (restando tale) a scrivere che non può restare in quel posto. Il tema è sempre lo stesso, seguitemi. Le ragioni di quel convincimento le ho già esposte, e credo che l’unanimità nel confermargli la fiducia sia, al tempo stesso, ipocrita e vigliacca. Anche perché c’è un precedente: Bruno Contrada. Ricopriva un ruolo meno importante, ma andarono in tribunale capi della polizia, ministri degli interni e un Presidente della Repubblica, a dire che era un ottimo servitore dello Stato. Sta ancora scontando la pena. Siccome credo che il generale Giampaolo Ganzer non lo meriti, ribadisco che rimettere tutto ai successivi gradi di giudizio è da incoscienti.

Quel che i miei occhi vedono è cosa diversa da quel che giornali e politica raccontano. Non si tratta di faide fra gruppi, o di complotti. O, meglio, ci sono le une e gli altri, ma limitati ad ogni singolo caso. Nell’insieme c’è un Paese e un ponteggio istituzionale che, da molti anni, non sono governati con fermezza e ragionevolezza politica, sicché ogni singola stortura crea controstorture compensative, mentre ciascun centro di potere tende ad allargarsi e prevalere. Le guerre intestine colpiscono chi governa, naturalmente, perché in assenza di politica l’opposizione è di nessuna importanza. E questo spiega perché oggi si parla di quella gran panzana della P3, di cui ci si dimenticherà totalmente quando, in un’altra era geologica, dovrà subire il vaglio di fondatezza e credibilità.

Lo Stato che arresta lo Stato. Lo Stato che processa lo Stato. Lo Stato che ricatta lo Stato. Questo è il tema ineludibile, quello su cui, se la politica esistesse, realizzerebbe le altrimenti inutili “larghe intese”. Con un’ulteriore aggravante: non crediate che la magistratura sia un corpo unitario, politicizzato in modo uniforme e militarizzato in modo efficiente, è un’accozzaglia di gente brava e silente, togati folli e ignoranti, gruppi organizzati per la conquista del potere. Ecco perché se metti i rappresentanti di una procura in giunta l’altra ti manda un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa, ecco perché muoiono dalla voglia di arrestarsi fra di loro.

E’ a fronte di questo spettacolo che, fra non molto, se la ragione non s’imporrà come l’afa, assisteremo al formidabile scontro sulla stupidissima legge che pretende di regolare le intercettazioni, con i seguenti schieramenti in campo: quelli che la sostengono e che, così, solleciteranno la divulgazione anche delle conversazioni al citofono; quelli che la avversano, invocando una larghezza di spionaggio e pubblicità che, con il ddl Mastella, avevano entusiasticamente indirizzato alla galera; e quelli che avranno da sofisticare, invocando il rispetto dei già vilipesi principi costituzionali. In un Paese in cui il ponteggio ancora non crolla solo perché chi lo ha sfasciato ci guadagna e non sa che altro fare.

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