Politica

Fallimento bicamerale

E’ fastidioso ed ipocrita il clima di falsa sorpresa e falso dramma nazionale che si è creato attorno al fallimento della bicamerale. Al contrario, non vi è nulla di inatteso, in ciò che è successo.

Basterà non far finta di dimenticare alcuni passaggi della nostra storia recente.

All’inizio degli anni novanta avevamo un parlamento ed un governo legittimamente insediati. Detestabili, se si vuole, ma legittimi. Governi e partiti sono stati eliminati non per via democratica, ma per via giudiziaria. All’indomani di questo partiticidio si è inscenata la commedia del maggioritario e del bipolarismo. Si votò, e le elezioni furono vinte dal Polo delle Libertà.

Immediatamente dopo si decise di considerare sia il maggioritario che il bipolarismo una burla, e si diede vita ad un governo e ad una maggioranza che non erano affatto espressione della volontà degli elettori. Chi finge di dimenticare questo passaggio si prende in giro per i fatti propri.

Si tornò a votare, ma a tempo conveniente, non dopo il crollo della maggioranza che aveva vinto le precedenti elezioni. Vinse l’Ulivo : coalizione eterogenea (come lo era quella avversaria) e dipendente dalle bizze di Rifondazione Comunista. Apparve chiaro che il giuoco al massacro sarebbe potuto continuare all’infinito se non si fosse messa mano alle riforme costituzionali, rendendo reali gli immaginifici bipolarismi. In questo passaggio furono decisive le volontà di Berlusconi e D’Alema, i quali, non a caso, trovarono solide opposizioni all’interno dei rispettivi schieramenti (e fra gli oppositori vi erano molti degli svenevoli orfani odierni).

Il clima costituente si basava su necessità ed opportunità. La necessità era quella di riequilibrare gli squilibri istituzionali, a cominciare dal ricondurre la magistratura ad essere strumento di giustizia terrena e non di lotta politica, per finire con il definire in maniera precisa il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica. L’opportunità era quella, per D’Alema, di dare alla sinistra di governo un qualche programma rinnovatore (smarrito il quale si piomba nel più triste doroteismo); e, per Berlusconi, di dare un senso istituzionale ad una lunga stagione di minoranza (smarrito il quale c’è il rischio dell’opposizione massimalista e sterile).

Il patto è saltato quando D’Alema non è stato in grado di realizzare il programma che egli stesso si era dato. Diciamolo in maniera chiara : quando il partito dei magistrati, con plurimi ed illegittimi pronunciamienti, è stato più forte dei partiti politici. Inutile prendersi in giro : la bicamerale non ha mai dato vita ad un progetto condiviso da una larga maggioranza, e le bozze Boato sono rimaste bozze. Su quello scoglio si è infranta la speranza di raddrizzare gli squilibri. Il resto, per dirla con il De Curtis, son quisquiglie e pinzillacchere.

La bicamerale non ha più il senso che aveva; non si è votata alcuna bozza finale completa; non si raddrizzano gli squilibri. Come lo chiamate questo, se non fallimento? Ed è un fallimento della politica, perché toglie ad essa il respiro di chi costruisce il futuro. A dirsi meravigliati di quel che succede son più gli stupidi che gli stupiti.

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