Politica

Prodi se ne va

Domenica, a Bologna, Prodi e Veltroni hanno, con orgoglio, rivendicato il merito di avere rifiutato un baratto con alcuni esponenti della Lega, i quali offrivano sostegno al governo in cambio di atti politici (fra i quali, pare, la partecipazione alla lottizzazione della Rai ed uno statuto regionale).

I sostenitori presenti hanno applaudito con calore, e non poteva essere diversamente. L’episodio, però, merita qualche osservazione.

1. I voti della Lega non possono essere rifiutati perché appestati, altrimenti appestato sarebbe un governo, quello Dini, cui Prodi e Veltroni diedero appoggio, e che su quei voti viveva. Dini, oltre tutto, è anche ministro del governo appena sfiduciato.

2. Non mi pare che il rifiuto possa significare la condanna dei transfughi o dei “traditori”, dato che lo stesso Ulivo ne aveva accolti diversi, fra cui lo stesso Liotta che, poi, ci ha riripensato.

3. La contrattazione di voti è un aspetto inscindibile dalla natura della democrazia parlamentare, in Italia, come in Francia, come in Inghilterra ed ovunque. Il trasformismo, al contrario, è un costume deprecabilissimo, ma questo, tanto per essere chiari, attiene alla linea politica delle maggioranze, non al comportamento dei singoli.

4. Chiarito ciò, rimane evidente che i due leaders di governo hanno fatto benissimo a rifiutare quei voti, se le condizioni poste erano da loro giudicate inaccettabili. Si tratta, però, di un giudizio politico, non morale. Né la morale si addice ad una diatriba sulla lottizzazione Rai, materia sulla quale Veltroni ha titoli per tenere dei seminari universitari.

5. Sarà una malignità, ma è legittimo pensare che i due non hanno voluto pagare quel prezzo politico per il solo motivo che credevano di avere comunque la vittoria in tasca. Altrimenti mal si comprende la ragione di un simile suicidio.

6. A nessuno sfugga, però, il dato politico più importante : comiziando in tal modo i due hanno solo voluto lanciare un anatema su ogni tentativo di dar vita ad una maggioranza diversa da quella dell’Ulivo, la quale maggioranza, però, non è più tale. Questa posizione porterebbe a schierarli fra i fautori delle elezioni anticipate immediate. Se questo chiederanno si potrà riconoscere loro coerenza (e coerenza vorrebbe che si mostrassero indisponibili a votare ogni ipotesi alternativa). Se, invece, come è più probabile, stanno pensando agli equilibri politici che si creeranno dopo la soluzione della crisi, allora vuol dire che la moda lanciata da Bertinotti e Cossutta è destinata a far proseliti.

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