Politica

Teste e urne vuote

Le urne elettorali sono sempre più vuote. Il fatto è che son vuote anche le teste di quanti vorrebbero essere votati. Dalla Sicilia a Ostia l’appuntamento elettorale è trattato manco fosse un giudizio divino e da quello dipendessero le sorti del mondo, ma, a dispetto di tanto strombazzare, gli elettori fanno spallucce e deambulano altrove. Disaffezione e menefreghismo? Forse peggio: le alternative esistenti non sono alternative all’esistente.

A sinistra è in atto un titanico sforzo per agguantare l’unità. O, detta in modo diverso, a sinistra ce la stanno mettendo tutta per riuscire a rifare quel che Berlusconi fa a destra. Oramai sono più di venti anni che andiamo avanti in quel modo e l’esito è sempre lo stesso: si raggruppano forze diverse, talora antagoniste e incompatibili, pur di vincere le elezioni, poi con quelle si va al governo e le strade si dividono in due opzioni: i governi di sinistra cadono, quelli di destra rimangono immobili. Nessuno governa. Né può, perché le cose che avrebbe voglia di fare sono più affini a quelle desiderate da una parte degli elettori e degli eletti dell’altro fronte, piuttosto che a quelli che ci si ritrova fra gli alleati.

In tanti anni, però, un prodotto nuovo è stato messo in commercio, da Casaleggio e Grillo. Nel vederlo emergere, non condividendone lo spirito e restando incognito il programma, ritenni comunque positivo che riuscisse a portare elettori al seggio. Ora non solo non ci riesce più, ma è talmente diventato interno al sistema politico che raccoglie i voti degli apparati che lo preferiscono all’apparato avversario. E gli elettori? I loro, ma non solo i loro, votano ritenendosi in diritto di sfanculare tutto e tutti. Diritto effettivamente esistente, ma di sicuro non promettente.

Tanto vale concentrarsi sui programmi? Peggio mi sento. Un Paese afflitto da un debito pubblico mostruoso e malato di spesa pubblica, ha pretendenti primari che si contendono il camice, da destra a sinistra passando per i movimentati, proponendo cure a base di maggiore spesa pubblica e violazione dei parametri di stabilità. Quindi più debito. Hanno confuso il male con la cura.

Se gli elettori perdono interesse a essere tali, quindi, non è poi così irragionevole. E se capita certo che è colpa della politica, ma non meno delle cattedre, dell’intellettualità, del giornalismo, dell’associazionismo. E il cielo non voglia che per svegliarsi da questo torpore drogato si debba provare dolore.

 

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