Politica

Voto di scambio e scambio di voti

Sul voto di scambio ci si prepara a uno scambio di voti. Potrebbe sparire il disegno di legge e prendere corpo un decreto legge. L’urgenza sarebbe giustificata con l’imminenza delle elezioni europee, notoriamente assai importanti per la mafia, le organizzazioni criminali e i comitati elettorali che si occupano di faccende immediate e succose. Crederci e vedere gli asini volare è un tutt’uno. Superata la complessità tecnica la faccenda ha risvolti rivelatori.

Un tempo esistevano quelli che Leonardo Sciascia aveva chiamato i “professionisti dell’antimafia”, suscitando molte polemiche, cui più generosamente e lungamente parteciparono quelli che non avevano letto il testo o non avevano attitudine a capirlo. Quella odierna, invece, è una faccenda partorita dai perditempo dell’antimafia, da quelli che hanno perso ruoli politici, o aspirano a costruirli, sicché s’attaccano al carro del presunto giusto per chiedere un passaggio verso il proprio bene. Ma a forza di dire sciocchezze va a finire che le si scrivono pure, così, nel disegno di legge, hanno inserito una norma che punisce penalmente (con la galera da 7 a 12 anni) chi “accetta la promessa di procurare voti in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità”, aggiungendo: “ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione”. Lasciate perdere il verbo “erogare”, che di suo è un capolavoro, visto che i vocabolari lo considerano adatto all’idraulica o, nel caso di quattrini, alla beneficenza. Il fatto è che se si fanno leggi in questo modo, a metà fra l’autoflagellazione moralistica e la genericità immorale, è poi inutile lamentarsi che le procure facciano politica, visto che si consegna la politica alle procure.

Tutti i giustizialisti di questa terra fermeranno la loro attenzione su “promessa” e “erogazione”, mentre chi nutre rispetto per la democrazia e il diritto s’affaccerà nel vuoto del “procurare voti”. Gli elettori mica son capi di bestiame. Mentre la pressione economica, da parte dei candidati, ha un senso dove ci sono le preferenze (regionali e amministrative), mentre non ne ha per le politiche, dove i candidati e gli eletti sono e saranno scelti dalle segreterie dei partiti. E se il clientelismo va combattuto politicamente (chiudendo la spesa pubblica), è idea bislacca considerarlo un reato. Ma, fin qui, siamo nella consueta pozza del giustizialismo antipolitico, dove sguazzano alla grande i moralisti senza etica e i magistrati a favore di telecamera.

Gliecché, però, proprio la magistratura più politicizzata ha avuto da ridire, per una pericolosa lama a doppio taglio, contenuta in quella seconda parte della norma. Il punto decisivo è “disponibilità”. Qui la cosa si fa affilata. Se è perseguibile non solo chi offre denaro, posti o altra utilità, in cambio di voti, ma anche chi si mostra disponibile, senza per questo avere fatto alcunché, si aprono due opposti baratri: a. è vero che l’inquisitore roteante può scagliare ovunque e su chiunque le sue palle incatenate, ma è anche vero che non sarà facile dimostrare le accuse nel processo, a meno di un salto tecnologico e di disporre d’intercettazioni dell’animo; b. ma c’è anche l’effetto opposto, talché la toga inquirente diventa onnipotente, ma finisce pure nelle mani di chiunque voglia utilizzarla contro un avversario, dato che il combinarsi di obbligatorietà dell’azione penale e indeterminatezza del reato costringerebbero a procedere contro chiunque venisse indicato come colpevole di scambio. Tanto più che lo scambio esisterebbe anche senza scambio, bastando l’animo scambista. Per questo il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati s’è mosso, assieme ad altri della sinistra togata, chiedendo a quella politica di bloccare l’obbrobrio.

Già, ma come si fa? Perché Matteo, Matteo, Matteo ha detto e ripetuto che questa roba s’ha da fare. E subito, che ho furia. Se la si ferma per manifesta insensatezza ci si sottopone all’attacco delle Rosy e delle Bindi, che già si rodono per il patto con Berlusconi, figuriamoci poi se si stoppa la legge sui voti negoziati (a proposito, sono sicuri che quello non sia già un reato?). Se, come capita in tutti i parlamenti del mondo, si corregge l’errore ne consegue che si perde tempo e non si può dire, entro le europee: “fatto” (anche questa l’ho già sentita). E allora? Ecco la soluzione: addio al disegno di legge, nasce il decreto, e ci si mette dentro la prima parte del citato articolo, buttando via la seconda. Così i dilettanti dell’antimafia hanno il loro scalpo. Il sindacato dei magistrati ci fa la parte di chi suggerisce di non dare troppo potere ai magistrati (e già questo vale il costo del biglietto). E qualche mafioso avvierà un’inchiesta: ma, scusate, noi i politici che eleggevamo li pagavamo anche, così stavano muti e ligi, cu è u fissa ca si pigghiau i piccioli per portare voti? Il sudore solcherà la fronte di qualche consorzio agrario, di qualche sindacato e di qualche parrocchia: ma che, ce l’hanno con noi?

Una roba simile è già allucinante che nasca dai lavori (si fa per dire) parlamentari, ma se prende la forma del decreto legge è segno che solo il ridicolo può difenderci dal tragico.

Pubblicato da Libero

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