Blocchino tutto, fermino la libertà di muoversi, di studiare e di produrre e chiamino tutti i cittadini a condannare il governo e solidarizzare con chi ha ottenuto quel che voleva. Quando ci saranno riusciti avranno messo in evidenza quel che è già evidente: sono bloccati e per questo bloccano. Non si tratta di condividere o meno questa o quella battaglia, ma di una parte dell’opposizione rimasta in un vicolo cieco e che in quello si contorce, cercando ciascuno di occupare il posto più vicino al muro che lo chiude. Chi ci guadagna – senza meritarlo – è chi governa.
Quelli della Flotilla, di cui soltanto in Italia si parla come fosse una cosa epocale, hanno avuto successo, hanno ottenuto quello che volevano. Non portare aiuti, consapevolmente irrilevanti. Non aprire un varco nel blocco navale – che sussiste da quando un’altra Flotilla portava armi pagate dall’Iran – perché sapevano fosse impossibile. Volevano essere fermati, volevano vestire i panni dei martiri senza essere martirizzati. Ci sono riusciti.
È da ipocriti chiedere loro se un bambino palestinese valga più di un bambino ucraino, se gli israeliani che colpiscono dopo avere informato i civili degli obiettivi che colpiranno sono migliori o peggiori dei russi che bombardano un teatro con su scritto “Bambini”, ringraziando per l’informazione. È da ipocriti perché quel che conta è che stare al fianco dei martiri civili ucraini significa ritrovarsi al fianco delle democrazie occidentali e del nostro stesso governo, mentre stare al fianco dei martiri civili palestinesi significa dire di stare contro. Senza neanche il pudore di aggiungere una almeno pari contrarietà ai terroristi di Hamas.
In questo spettacolo d’indignazione a nessuno sembra interessare che un piano di pace è stato presentato. Più o meno realistico, ma che ha aperto una gara impressionante: gli estremisti di ambo le parti – dall’ala armata di Hamas ai fondamentalisti del governo israeliano – sperano che sia l’altro a bocciarlo. Un macabro gioco del cerino, sapendo che se prendesse corpo la pace sarebbe la loro (almeno temporanea) fine. È possibile che affondi, quel piano. Da che parte stanno i flottanti? Di pace non parlano, chiedono lo scontro. Stanno con gli estremisti.
In Parlamento le cose sono andate diversamente: la mozione di maggioranza, che punta al piano concordato fra Netanyahu e Trump, è stata approvata con il coerente voto favorevole di Azione e l’astensione della sinistra. Almeno un segno di ragionevolezza.
A che serve lo sciopero generale chiamato dalla Cgil? Serve a evitare che a chiamarlo fosse solo Usb, il così detto sindacato di base. Chiamano lo sciopero per chiedere (ma a chi? Il governo italiano non conta nulla in quella partita e conta poco anche l’intera Ue) che sia approvato il piano di pace? No, lo chiamano per essere contro il governo, contro Israele, contro quell’accidente di Occidente che difende la libertà di chi lo detesta.
E lo chiamano perché non importa che i disagi – che ci sono anche se poi scioperano in pochi e anche se il garante boccia lo sciopero, perché lo si mette in conto comunque – porteranno consensi alla destra, perché la gara è a chi occupa la sinistra, non a chi la fa vincere. Come riuscirono a fare con i referendum di giugno (già dimenticati?), cui manco il 30% (fra cui i contrari, come me) degli italiani diede retta.
Hai voglia a lambiccare di infantili ‘tende riformiste’ o a lamentare l’assenza del centro a sinistra: tutta roba che emoziona con un budino rancido. Questi sono gli effetti del falso bipolarismo, che arruolò le estreme per far governare a turno un centro diviso e si ritrova un centro annullato e le estreme alleate nel sostenersi a vicenda. Naturalmente vincente la destra, trasformisticamente più brillante della sinistra.
A questo punto arriva quello che dice: si parli di temi concreti. E che dice? «Temi concreti». Snocciola problemi alla Salvini, ma condendoli non con soluzioni bensì con contrapposizioni. E mica sta a destra, no: è de sinistra. In questa palta siamo bloccati. Fortunatamente la realtà se ne impipa.
Davide Giacalone, La Ragione 4 ottobre 2025