Politica

Pizzuto

giacalone editoriale la ragione 29 ottobre
La tassa sulle banche è un esempio di come si possa ottenere poco sfasciando molto. È evidente il bisogno governativo di avere dei soldi per cucire la trama della legge di bilancio, ma teorizzare a quel modo la tassa sulle banche non è come ricamare un pizzo leggiadro e vezzoso, piuttosto evoca il modo improvvido con cui la stessa presidente del Consiglio definì talune pretese fiscali dello Stato. In ogni caso è come ficcarsi un pizzuto bastone nell’occhio e sperare d’aver sgomberato la vista. Il danno sarà vasto e non avrà nulla a che spartire con il rapporto fra governo e banche, che lì le cose s’aggiustano facilmente.
Se si va dicendo, come ha fatto Meloni, che non si intende «tassare la ricchezza prodotta dalle aziende, perché daremmo un segnale sbagliato» e poi si aggiunge che le banche ne avrebbero accumulata troppa, tocca poi spiegare in cosa sarebbe diversa dalla ricchezza prodotta da altre aziende. Ci sono rendite che devono essere profondamente riviste e, ad esempio, non ha senso non mettere a gara le concessioni per le centrali idroelettriche, posto che l’alzarsi del costo dell’energia ha prodotto guadagni enormi a quelle attività i cui costi di produzione non sono cresciuti. Ma quali sono le rendite bancarie che si intendono colpire? Perché se ci sono vuol dire che c’è poca concorrenza, ma è singolare che a segnalarlo sia lo stesso governo che ha impedito scalate bancarie e favorito aggregazioni attorno a banche salvate con i soldi dei contribuenti, ovvero l’opposto della concorrenza.
Se si dice, come ha fatto Meloni, che le banche hanno fatto 44 miliardi di profitti e il governo ne chiede soltanto 5, tale affermazione fa a cazzotti con il fatto che la tassazione di quell’attività fra una cosa e l’altra (come ha ricordato Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione bancaria) si aggira attorno al 50%, mentre 5 su 44 non raggiunge il 12%. Di che stiamo parlando? Dei soldi che restano in cassa dopo avere pagato le tasse, quindi di una tassazione sul già tassato. E come si giustifica? Perché, dicono, è grazie all’azione del governo se lo spread è sceso e si sono messe garanzie per erogare credito. Ma questo vuol dire che il governo può chiedermi soldi che non aveva detto che mi avrebbe preso sol perché le cose che ha fatto hanno funzionato? Accipicchia, somiglia a un pizzo che non somiglia a una trina.
Se tasso dopo la tassazione – adducendo a motivo che hanno guadagnato troppo – a pagare sono gli azionisti, fra i quali non soltanto ci sono tanti piccoli risparmiatori ma anche quei fondi per le pensioni integrative che, quando si parla d’altro, si sollecitano i lavoratori a finanziare. Ma in che modo quei fondi pensione possono promettere un futuro remunerativo se quando si suppone che si sia guadagnato ‘troppo’ (ma troppo rispetto a quale criterio?) lo Stato se ne prende una parte? Se al mio fondo pensione si spiega che deve investire soltanto in titoli del debito pubblico – che peraltro si trovano in abbondanza nelle casse delle banche – allora ce li metto direttamente io. Il fondo serve per avere una considerevole somma al sicuro e poi spalmare il rischio su investimenti più ambiziosi. Se quando va male s’impoverisce il fondo e quando va bene s’arricchiste il fisco non venitemi più a dire che dovrei finanziare una pensione integrativa.
Tutto questo si sarebbe potuto evitare, perché il danno e il pasticcio stanno nell’avere cercato non solo di teorizzare (per non parlare della minaccia di aumentare la tassazione se qualcuno si lamenta, che manco Mangiafuoco ai burattini) ma anche di trovare una giustificazione morale a un brutalmente materiale bisogno di avere dei soldi in più. Li avrebbero ottenuti negoziando riservatamente, tanto più che le banche sono così esposte al debito pubblico che certo non hanno alcun interesse a vederlo vacillare. Così però vacilla la credibilità fiscale, creando uno sbrego che non può essere coperto ricorrendo al pizzo. Inteso come prodotto dell’uncinetto.
Davide Giacalone, La Ragione 29 ottobre 2025
Condividi questo articolo