La legge di bilancio non piace a molti esponenti della maggioranza, non piace all’opposizione, non piace alla Cgil che la considera ingiusta e non piace a Confindustria, secondo cui non sarà capace di spingere la crescita. Lo stesso ministro dell’Economia ha detto che facciano un po’ come credono, purché «a saldi invariati». A chi piace? Il punto è questo: non è che debba piacere, piuttosto si deve accertare che corrisponda al Piano pluriennale di bilancio (e se corrisponde, come corrisponde, sarà bene ricordare che doveva piacere o meno quello, non quel che ne consegue) e se si desiderano delle spese specifiche in più si deve avere la buona creanza d’indicare tagliando quali altre spese o aumentando quali entrate. Ma c’è un altro aspetto: dove sta scritto che una legge di bilancio debba essere concepita per portare la giustizia o spingere la crescita? Nobili aspirazioni, ma non soltanto in quella sede.
Il mondo non funziona sempre a carico della spesa pubblica, della serie “Mettere soldi e vedere giustizia e crescita” manco fosse un cammello. Moltissimo dipende non dalle poste che si trovano in una legge di bilancio ma dalle regole che si impongono a cittadini, produttori e mercato. Se alle regole non si dedica molta attenzione – semmai una inutile lamentazione – e ci si sveglia soltanto nella stagione del bilancio, diventa ragionevole dedurne che non si vuole correre ma riuscire ad avere qualche pecunia o ristoro per la corsa azzoppata.
Ecco un esempio concreto, che dipinge con spietato realismo quell’autoblocco che schiaccia tutti come un’incudine lanciata sui piedi. Nell’ottobre del 2024 Matteo Salvini, ministro dei mancati Trasporti, emana un decreto che grida vendetta al cielo. In quello si stabilisce che il servizio di Noleggio con conducente (Ncc) deve rispettare regole pazzotiche: fermarsi ogni volta per venti minuti; utilizzare solo il registro online graziosamente predisposto dal governo; evitare di fare accordi con società del turismo o con alberghi. Ovvero non devono fare il loro mestiere. Cotale burocratese immobilizzante viene consacrato alla salvaguardia degli esercenti taxi, manco fossero tutti fermi in attesa di un inesistente cliente. Quando il decreto vede la luce del buio impoverente noi scriviamo quel che qui s’è riassunto; ma no, non ci parve di cogliere chissà quale rivolta, protesta straziata dell’opposizione o indignata reazione confindustriale. È la Regione Calabria a fare ricorso alla Corte costituzionale, affermando che quella materia è di competenza regionale.
Adesso, un anno dopo l’ottusa decretazione, la Corte dà ragione alla Calabria. Il cui presidente esulta per una conquista a suo dire «liberale». Ce ne compiacciamo anche noi, ma con due osservazioni: a. un anno dopo siamo al punto di partenza, non si è risolto niente e gli Ncc o lavorano male o vengono spinti ai margini della regolarità; b. Salvini e Occhiuto sono esponenti del medesimo schieramento e hanno appena finito di fare assieme una (vincente) campagna elettorale. Quindi siamo fermi dove eravamo e neanche si può chiedere agli elettori d’essere vigili laddove forze sindacali e politiche preferiscono scantonare, perché se voti una tesi voti anche la sua antitesi.
Così, a bordo di un Ncc, trovate spaparanzata la ragione dell’autoblocco italiano. Apparentemente senza alternative ma in realtà convinta che la politica non serva ad affrontare e risolvere i problemi, semmai a conviverci, farci l’abitudine e attendere che sia il tempo a superarli. In quello che intercorre aumenteranno irregolarità ed evasione fiscale.
La giustizia sociale e la crescita non si deve cercarle nelle pieghe di un bilancio che è già tanto rispetti il Patto di stabilità, ma in ogni altro posto e tutti i giorni dell’anno. Quelli che si distrassero sugli Ncc ci hanno conquistato ingiustizia, decrescita e tempo buttato. Quasi considerando un privilegio indiscutibile del signor ministro il farsi campagna lobbistica ed elettorale a spese della collettività.
Davide Giacalone, La Ragione 6 novembre 2025
