Giustizia

Arresti no global

Arresti no global

Saranno pure delle coincidenze, ma suonano proprio male. Prima il pubblico ministero di Genova chiede il proscioglimento del carabiniere che aveva sparato, per legittima difesa, nel corso delle manifestazioni che accompagnarono il G8, uccidendo un manifestante.

Poi il Tribunale della libertà scarcera i no global napoletani che erano stati arrestati a Cosenza. Il giorno dopo il gip di Genova, su richiesta della procura, emette ventitré misure cautelari, fra le quali nove detenzioni in carcere, per fatti risalenti sempre alla riunione del G8. Ripeto, saranno coincidenze, ma se si voleva dare un’idea di quanto sbilenca e sballata sia la macchia della giustizia, non si poteva fare meglio.

L’aspetto malvagio di queste storie, il che vale per gli arresti di Cosenza come per quelli di Genova, è che i gip italiani continuano ad essere, in materia di libertà personale, subordinati ai voleri delle procure ed incapaci di ricordare che si può disporre una misura cautelare solo e soltanto se ricorrono tre condizioni: possibilità, concreta, d’inquinamento delle prove; possibilità, concreta, di fuga all’estero; possibilità, concreta, di reiterazione del reato, e solo nel caso in cui si tratti di reati violenti e pericolosi. Tutti e tre questi requisiti non hanno alcun senso se gli arresti vengono disposti dopo mesi, o anni.

Come se non bastasse, tutti questi provvedimenti sono stati adottati poche settimane dopo un’altra manifestazione no global, quella di Firenze, dove le cose sono andate bene e le frange estremiste sono state bloccate per tempo. Sembra quasi che, con gli arresti, si voglia restituire agli estremisti una ragione d’essere e qualche cosa da dire. Sembra quasi che si voglia dare una mano ai Casarini che si erano autonominati capi e portavoce. Insomma, si tratta di provvedimenti di scarsa fondatezza formale e di sicura nocività sociale.

Il problema sul quale richiamiamo l’attenzione, comunque, non è la sensibilità politica della magistratura italiana, che, comunque, ce n’è troppa e non troppo poca. Il problema sta nelle regole, nella figura debole ed inconsistente del gip, nella troppo scarsa considerazione dei danni arrecati dalla privazione della libertà personale. E’ quello che ripetiamo da anni, sperando sempre di trovare interlocutori non accecati dall’ideologia o dall’odio.

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