Economia

No service taxation

No service taxation

Il governo delle larghe intese, destreggiandosi fra vaste contese, ha prodotto rinvii e attese. Il calendario, però, ha un procedere lento e forse noiso, dall’esito impietoso. Così siamo giunti alla fine di agosto, quel limite che quando fu invocato sembrava lontano e che ora, vicino fino al punto d’inciamparci, reclama la sistemazione dell’Imu. Tema per molti aspetti illusorio, dove quasi si crede che fin qui non la si sia pagata mentre, invece, gli italiani hanno già versato la bellezza di 9 miliardi. Tema del quale descrivemmo i contorni numerici, dimostrando trattarsi di questione secondaria. Ma il fatto politico non è aggirabile: il Pdl ne chiede la cancellazione, immediata e sempiterna, per le prime case e per i fabbricati agricoli funzionali alla produzione (quelli industriali generano inspiegabile antipatia), mentre da parte del Pd si ritiene che chi ha (quasi tutti, in Italia) è bene paghi, e da parte del ministero dell’economia si pone il solo, ma non marginale, problema della copertura. Ne abbiamo 22, il Consiglio dei ministri è fissato per il 28. Che si fa?

Cerco di dirvelo in italiano deglutibile, fedele al principio che chi non si fa capire non ha capito, o ci tiene a non farsi capire. I dati economici sono questi: a. il decreto di rinvio sospese la prima rata relativa alla prima casa, ove non di lusso (salvo che si considerano di lusso case che non lo sono); b. il mancato gettito del rinvio è pari a 2,4 miliardi; c. la “clausola di salvaguardia”, contenuta nel decreto, stabiliva che ove non si fosse trovata copertura, quindi altri soldi con cui tappare il buco, ecco che si sarebbe dovuti riscuoterli dai cittadini. I dati politici sono altri: 1. il Pdl, se non altro per dimostrare a sé stesso d’esistere, reclama la cancellazione totale; 2. gli altri sono per cosmesi varia, che cancelli l’Imu senza cancellare la tassazione. Ed è qui che arriva la tesi illustrata da Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’economia: i. il governo trova i 2,4 miliardi, così evitiamo che scatti la clausola di salvaguardia; ii. cancelliamo per sempre l’Imu; iii. al suo posto mettiamo la “service-tax”, ovvero una tassa unica comunale che assorbe gli altri tributi municipali legati ai beni immobiliari; iv. accompagniamo questa nuova creazione con 2 miliardi destinati ai comuni, in modo da alleggerire e forse cancellare il gravame sulla prima casa. Più di così non riesco a chiarire e semplificare. Il resto è nebbia.

Baretta non è uno qualsiasi: esponente del Pd, veneziano, è quello che riscrisse la legge di stabilità presentata dal governo Monti, e lo fece d’amore e d’accordo con Renato Brunetta, che sul tema dell’Imu è il guardiano delle posizioni Pdl. I due sono allenati, insomma. Il primo e il secondo punto, della tesi Baretta, difatti, sono concepiti per rendere felici quelli del Pdl. I guai arrivano con il terzo e il quarto: l’Imu è già una “imposta municipale unica”, salvo il fatto che non è mai stata né municipale né unica, quindi dei gargarismi nominalistici nessuno si fida; inoltre, se il governo vara la service-tax la settimana prossima ciò consentirebbe di pagarne una rata già nel 2013, il che significherebbe presentare il conto della seconda rata Imu sotto falso nome.

Infine: bella l’idea di accostare il concetto di “tassa” a qualche cosa che “serve”, però leggo di assunzioni nella pubblica amministrazione e prepensionamenti nella medesima, che portano a ulteriore spesa corrente. Senza un centesimo di tagli strutturali. E non vorrei che si procedesse sostenendo che per coprire quella spesa improduttiva c’è già la “no-service taxation”, ma se poi vuoi che portino via la spazzatura allora devi pagare la service-tax. Il tutto preservando la tassazione sul patrimonio immobiliare in un Paese già svenato da intollerabile pressione fiscale sui redditi e sulla ricchezza prodotta.

Vediamo cosa la fantasia partorirà. Fin qui s’è solo evitato che, per risolvere il busillis, un apposito decreto sposti il 31 agosto al 31 dicembre. E non è poco.

Pubblicato da Il Tempo

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