Politica

Elmetto e feluca

Dismesso l’elmetto ora si sfoggia la feluca. Dopo avere evocato il combattimento e fatto l’appello delle truppe, ora si punta alla diplomazia e al dialogo. Ma è proprio questo secondo il terreno su cui il governo ha commesso il maggior numero di errori. E sono gli errori diplomatici quelli che possono costarci di più. Per intenderci: chi, come e a che prezzo tutelerà gli interessi dell’Eni (quindi italiani) in Libia? chi gli altri nostri interessi? A questo servono la diplomazia e servizi segreti. Ci si mette l’elmetto quando non c’è altra soluzione. Si calza la feluca quando l’elmetto lo mettono gli altri. Se si sbaglia la parte si resta fuori dalla commedia. E son dolori.

Il primo errore diplomatico lo ha commesso il presidente del Consiglio, supponendo di potersi intestare la guida di una coalizione europea, con alle spalle la copertura statunitense. Mossa che lo poneva in vantaggio rispetto a tedeschi e francesi, impegnati a negoziare sul fronte ucraino. Dove, nel migliore dei casi, si perde solo la Crimea. Inoltre ci si metteva nella condizione di rimediare ad un errore commesso dal presidente americano, candidandosi ad averne la riconoscenza. Mossa, infine, che ricuciva il rapporto Nazareno, lasciando a Renzi il ruolo di guida e promozione. Bel colpo. Se non fosse che non era vero. L’errore era nel presupposto.

Il ministro degli esteri arriva di rincalzo, ma la cosa più significativa è la terza: il ministro della difesa che delinea le truppe. Da quando esiste la Nato (1949) è escluso che una dichiarazione simile possa essere fatta se non dopo essere stata concordata, o, quanto meno, anticipata, agli alleati statunitensi. A meno che non s’intenda far loro un dispetto. Ebbene, ora sappiamo che non era né concordata né anticipata. Il presupposto era infondato. La Casa Bianca ha un mandato per combattere l’Is, ma dichiara che la soluzione deve essere politica. Vuol dire che combattono con quella. Il governo italiano è spiazzato.

Ultimo ripiego: biascicare di “quadro di legalità internazionale”. Cosa che non significa nulla, visto che le ultime tre guerre (niente affatto proibite dalla Costituzione, ma è argomento da affrontarsi specificamente) le abbiamo fatte senza mandato Onu. In ogni caso: il mandato Onu non ci sarà. Strike. Ma i birilli siamo noi.

Nella realtà, ben lontana da come se l’erano immaginata, l’attacco egiziano è servito a muovere una coalizione di paesi musulmani. Ed è bene che sia così, per non fornire agli efficaci rintronati del califfato l’arma retorica della guerra agli infedeli. Con una coalizione di Egitto, Giordania, Arabia Saudita (e Emirati Arabi), gli infedeli sono gli sgozzatori. Questo non risolve certo tutti i problemi, perché si tratta di un mondo nel quale dividere i buoni dai cattivi risulta complicato, e perché non è detto che la coalizione coaguli, ma risolve almeno un aspetto del conflitto: è una guerra non del mondo contro i fedeli dell’islam, ma di islamici che intendono liberarsi da un cancro interno. Ha un suo fascino.

Qui ci serve la diplomazia. Non per dire parole inutili, e anche un po’ ridicole, del tipo: “preservare la pace” (quale?); “governo di unità nazionale in Libia” (manco c’è la nazione); “valutare e seguire con massima attenzione” (potevate pensarci prima di parlare). Parole usate da Paolo Gentiloni ieri, alla Camera, che segnalano il vicolo cieco in cui il governo s’è infilato. E che immagino siano costate a un cattolico politicamente impegnato, costretto a dire che lo sgozzamento dei cristiani debba essere valutato, sebbene con attenzione. La diplomazia ci serve perché se quelle sono le forze che useranno le armi noi dobbiamo garantirci che gli errori commessi non si traducano in danni per i nostri interessi. Per dirla piatta: dobbiamo sapere che i nostri pozzi saranno obiettivi da tutelare, non da danneggiare o abbandonare. E dobbiamo sapere che chi prenderà il controllo dell’area non riterrà spiritoso continuare a far partire i barconi dei dannati, per portarci la dannazione. Da questo punto di vista, non giova affatto il mal celato fastidio con cui il governo ha osservato l’iniziativa egiziana. Mentre i francesi, che di errori ne commisero un sacco e una sporta, a questo giro si sono messi al vento, fornendo agli egiziani aerei e altri beni da sganciare al suolo.

Sintetizzando: diplomazia e negoziato non servono per dialogare con l’Is, perché quelli vanno solo ammazzati, servono per fare in modo che chi li ammazza (contando che ci riesca) ci consideri parte alleata e da tutelare. Il governo mise l’elmetto a sproposito. Ora si pavoneggia con la feluca. Ma non è una festa in maschera. Sono gli interessi indisponibili d’Italia.

Pubblicato da Libero

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