Si è trovata un’intesa fra maggioranza ed opposizione, un equilibrio, come s’usa dire da qualche tempo, bipartisan, e da qui parte la nuova Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Non me ne rallegro, giacché, come si vedrà presto, le soluzioni trovate non solo non rispettano lo spirito della legge istitutiva dell’Autorità, ma non sono idonee a farle giocare l’importante ruolo che le compete, nell’immediato futuro.
Cerco di motivare questo giudizio negativo, premettendo solo che non vi è nulla di personale, nel senso che ciascuno dei componenti merita stima e rispetto. Non sono le loro personalità ad essere in discussione.
Il nuovo presidente è stato, fino alla nomina, presidente del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio. Il che significa che alla presidenza dell’Agcom è finito il suo giudice naturale di ieri. E significa che il giudice naturale di oggi è un ex collega (sottoposto) del neo nominato. Nessuna legge proibisce che questo accada, ma non v’è chi non veda, fra i dotati di moderazione e buon senso, che la faccenda stride, e non poco. Può ben darsi, anzi, è sicuro, che l’Agcom abbia necessità di una iniezione di competenze giuridico amministrative, ma possibile che, in Italia, non vi sia altro soggetto capace che colui il quale giudicava gli atti amministrativi dell’Agcom?
Nel nuovo consiglio dell’Autorità siedono, su nove componenti, ben cinque (ex) parlamentari. Tralasciando ogni umana tentazione di trovar sistemazione definitiva (sette anni) fuori dai morosi e dalle incertezze della politica, è comunque evidente che nella biografia di queste cinque persone è iscritta la (sana) propensione allo schierarsi ed all’essere di parte, che non è la stessa cosa di far gli arbitri. Quei cinque hanno combattuto, con tesi diverse e talora opposte, dure battaglie affinché nelle leggi che regolano il mondo della comunicazione vi sia scritta una cosa anziché un’altra, adesso che sono “garanti” come si fa a credere che spoglieranno l’abito dei combattenti per vestire il pensoso manto del super partes?
Fra i parlamentari oggi garanti ve ne sono alcuni che sono stati membri di governi. Il che rende ancora più fulgida ed importante la loro funzione politica, ma ancor meno praticabile l’odierna imparzialità. Uno di loro, in particolare, è stato sottosegretario al ministero delle Comunicazioni, ed in quella funzione, più che giustamente, ha sostenuto la nuova legge che regola il mercato unico dell’editoria, e si è pubblicamente esposto, con coraggio e convinzione, sostenendo che la scelta a favore del sistema di trasmissione digitale terrestre, per le televisioni, era giusta e che, certissimamente, sarebbe stata rispetta la data del 31 dicembre 2006 per lo spegnimento definitivo del segnale analogico. Da quel passaggio discendono molte, importantissime conseguenze. Ma noi sappiamo, con la stessa assoluta certezza del sottosegretario di ieri, che quella data non verrà rispettata (accetto scommesse di ogni tipo, sebbene tema di essere accusato di circonvenzione d’incapace). Da quel non rispetto deriveranno conseguenze drammatiche. A chi spetta verificare tale impossibilità e trarne le conseguenze del caso? A quella stessa Autorità dove il sottosegretario di ieri oggi siede. E’ una scelta saggia, questa? Non credo proprio.
Infine, nel nuovo consiglio siede colui che è stato, fino alla nomina, direttore generale della Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali). La Fieg è una lobby, sia detto non solo con rispetto, ma con ammirazione. Esiste per difendere gli interessi degli editori di giornali. E va benissimo così, perché la democrazia non è tale senza la rappresentanza e la difesa degli interessi. La democrazia è monca, quindi imperfetta, senza le lobbies, naturalmente trasparenti e non occulte. E la Fieg è una lobby trasparente. Perfetto. Ma che ci fa un rappresentante della lobby nel comitato dei garanti?
Ecco, ho detto ed ho finito. Di queste cose non gliene importa niente a nessuno e, comunque, resta da festeggiare l’intesa bipartisan. A dispetto di una conflittualità incessante e spesso stucchevole, per fare questa roba si sono messi d’accordo. Vado a festeggiare.