Economia

Ammosciamento

Ammosciamento

Per capire dove sta il problema della scarsa crescita basta leggere i numeri, possibilmente senza usare le lenti colorate della propaganda. Né quella esaltante né quella deprimente. Il 2 giugno, mentre festeggiavamo il compleanno della Repubblica, la Banca centrale europea rivedeva, al rialzo, le stime di crescita dell’eurozona: +1.7 per il 2016 (tre mesi prima prevedeva +1.4) e ancora + 1.7 per il 2017. Ora la Banca d’Italia formula le stime della nostra crescita nazionale: +1.1 nel 2016 (prima era +1.5) e +1.2 per il 2016 (era +1.4). Si tratta di un ribasso (stimato) della crescita, quindi pur sempre di un dato in positivo, ma quel che conta non è misurarsi con sé stessi, bensì con gli altri. E il risultato è: già sapevamo che saremmo cresciuti meno degli altri europei, ora pensiamo di rallentare la crescita e aumentare lo svantaggio relativo. Questo è il problema. Di rincalzo arriva l’Istat, che prevede un rallentamento della crescita “nel breve termine”. Ammosciamento condiviso, quindi.

La causa? Se crescessimo poco, come tutti gli altri, potremmo pensare a cause continentali, ma noi cresciamo meno degli altri, quindi abbiamo problemi interni. Conosco la risposta: gli altri fanno deficit pubblico, che si riflette nella crescita del pil, noi non possiamo, perché abbiamo già un debito troppo alto. A parte il fatto che noi facciamo deficit, più di quanto pianificammo e promettemmo, e a parte il fatto che il debito alto non è una disgrazia climatica, ma un riflesso della spesa improduttiva, non ci si dimentichi di un dato decisivo: la politica monetaria della Bce favorisce chi ha debiti alti (come i tedeschi non si stancano di ricordare), noi per primi. Se non cresci più vivacemente quando sei il più favorito, cosa deve accadere perché il pil frizzi? Forse che le riforme si facciano e siano efficaci, non solo oggetti per sbandieratori.

Il fisco avverte che il gettito tributario è aumentato dell’1.7%, quello dell’iva del 10%. Il secondo è un effetto del fatto che le pubbliche amministrazioni versano direttamente l’iva della fatture che ricevono (il che comporta meno cassa per il fornitore, mentre i tempi di pagamento non migliorano, quindi più probabilità di andare in affanno o necessità di alzare i prezzi, con tanti saluti alla spending review). Lo stesso fenomeno di crescita, con numeri diversi, si verificò all’inizio dello scorso anno. E nei conti odierni manca il canone Rai, la cui botta arriva a luglio.

Possiamo dirci tutto quel che vogliamo, sul fatto che l’aumento del gettito è un segnale di maggiori consumi e di ripresa, come anche sulla lotta all’evasione, ma se il gettito cresce a un ritmo più sostenuto della ricchezza prodotta il risultato è un aumento della pressione fiscale. E la nostra è già satanica, nonché causa non secondaria del troppo lento sviluppo.

Le forze politiche usano dati simili per accusare di vampirismo e incapacità chi governa. Solo che, a turno, si scambiano i ruoli. Tutti diminuiscono le tasse e la pressione aumenta. Magia? No, gioco delle tre tasse. Quello, assieme a una giustizia che non funziona, una pubblica amministrazione disfunzionale e tutto il cucuzzaro, impiomba le gambe all’Italia che corre.

Pubblicato da Libero

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