Economia

Aurei furti

Aurei furti

Si accudiscono e coccolano le pensioni basse, anche se chi le percepisce incassa più di quanto gli spetterebbe sulla base dei contributi versati (o non versati). Si avversano quelle alte, anche se chi le incassa riceve quel che gli è dovuto, sulla base dei versamenti fatti. Sopra un certo limite in tanti, dal governo presieduto dal segretario del Partito democratico ai parlamentari di Fratelli d’Italia, quindi dalla sinistra alla destra, sopra un certo limite tanti riterrebbero giusto tagliare, o almeno tassare ulteriormente. Le pensioni più consistenti, del resto, già hanno scontato iniziative tese a bloccarne la rivalutazione o a imporre la solidarietà. E allora, se va così di moda porre un tetto a quel che lo Stato paga, lo si metta anche a quello che lo Stato prende. Siamo dentro al sistema contributivo, ciascuno dei nuovi pensionati prenderà il ragione del versato, se superare un limite non piace, allora si proceda in questo modo: fino al suo raggiungimento la contribuzione resta obbligatoria, una volta conquistata la vetta cessa l’obbligo. Sarebbe saggio, in ogni caso.

Qual è la ragione dei versamenti pensionistici obbligatori? Consiste nel costringere il lavoratore a un risparmio forzoso, e il datore di lavoro a una forzosa contribuzione, in modo da assicurare una vecchiaia capace di autosostentarsi. In tanto in quanto questo cancella la povertà senile, che sopraggiunge quando non si può più lavorare, è non solo accettabile, ma encomiabile. Ma se, poi, si sostiene che quegli accantonamenti non possono essere goduti pienamente, perché porterebbero a pensioni troppo alte, allora il loro forzoso prelievo si configura come un furto. Quindi: si stabilisca quale livello massimo può essere consentito (2-3000 netti?) e cessi la coazione al versamento non appena il capitale accumulato già lo assicura. Da quel punto in poi il cittadino redditiere (non versano mica solo i dipendenti, versano tutti quelli che hanno un reddito da lavoro, autonomi e professionisti compresi) non avrà più alcun obbligo. Se vorrà risparmiare lo farà accumulando per i fatti propri, senza che nessuno possa porgli limiti o tetti. Che si chiamerebbero “espropri”.

Ciò comporta tre conseguenze. 1. Se si ritiene moralmente accettabile che il risparmio privato possa essere coartatamente statalizzato, ma si ritiene moralmente inaccettabile che sia restituito nella sua interezza (perché genera pensioni alte), si accede a un sistema collettivistico, capace solo di produrre miseria, fuga e rivolta. 2. Se il risparmio, ovvero l’accantonamento e la mancata spesa di un reddito che è già stato tassato, viene a sua volta svillaneggiato o troppo tassato, come accade con il sommarsi delle nuove aliquote e delle patrimoniali sulle rendite finanziarie, non si ottiene di togliere ai ricchi, ammesso e non concesso sia principio accettabile, perché quelli se ne vanno, semmai si punisce il cedo medio inabile all’espatrio. Un incubo che restituirà un gettito ridicolo, rispetto al danno fatto al risparmio, che resta uno dei pilastri su cui si regge l’Italia. 3. Nello specifico delle pensioni, se si tratta di finanziare erogazioni, anche basse, per niente sostenute da versamenti adeguati, se, quindi, si tratta di trasferire ricchezza a scopi sociali, è irragionevole che questo pesi solo sugli altri lavoratori, impoverendoli del loro risparmio e riducendo la produttività, perché dovrebbe pesare sulla fiscalità generale. Così cadrebbe l’inganno secondo cui il privilegio oggi accordato a molti sarà domani degli altri, perché se si riporta tutto all’oggi si scopre subito che i soldi regalati a taluni sono sottratti ad altri. Va benissimo, se si tratta di sostenere gli sfortunati, assai meno bene se si tratta di mantenere gli sfrontati. Sia che lavorarono poco o che millantino impedimenti e invalidità esistenti. Se le pensioni ricche sono frutto di privilegi legislativi, e non dei versamenti, allora non si adotti lo strumento fiscale, ma si abbia il coraggio di mettere mano ai diritti acquisiti. Senza riguardi per nessuno, però.

L’effetto perverso dell’intermediazione statale consiste anche nel far credere a tutti che ciascuno può chiedere questa o quella cosa alla “politica”. Se fosse più immediatamente tangibile che i soldi di Tizio vanno a Caio sarebbe facile convincere il primo con i buoni propositi, ma lo si troverebbe molto attento alle cattive pratiche. E, comunque, se non si vogliono le pensioni “d’oro” allora non si pretendano contributi aurei.

Pubblicato da Libero

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