L’ultimo giorno di novembre è stata resa pubblica la notizia secondo la quale David Edmonds, direttore generale dell’Oftel, l’Autorità inglese che presiede al mercato delle telecomunicazioni, ha imposto alla Bt di aprire, entro il primo luglio 2001, la gestione dell’ultimo miglio. Pat Gallagher, amministratore delegato di Bt, ha masticato amaro, ma ha anche dovuto deglutire.
Fin dal 1984, quando fu creata ed affidata alle efficaci mani di Bryan Carsberg, l’Oftel ha svolto un ruolo fondamentale nell’apertura ed evoluzione del mercato inglese. Da questo ufficio non sono mai uscite decisioni men che ragionevoli e ponderate, ma, comunque, mai queste decisioni sono state oggetto di resistenza da parte dei protagonisti nel mercato. Qualche mugugno, qualche dichiarato dissenso, ma poi tutti allineati e costretti a vivere secondo le regole dettate dall’Oftel.
La stessa cosa, purtroppo, non può dirsi dell’Autorità italiana. Si badi, questo non è un rilievo che muoviamo per gusto di autoflaggelazione, per provinciale esterofilia, ma perché, come andiamo dicendo fin dalla sua nascita, certi guasti erano segnati nel DNA. Poi, magari, altri, e gratuiti, se ne sono aggiunti.
Intanto è difficile che siano efficaci decisioni avverso le quali si può ricorrere al Tribunale Amministrativo Regionale. Su questo hanno riflettuto poco i politici che si sentivano tanto à la page nel proclamare il bisogno e la nascita di una Autority, ma questa è roba che funziona bene in sistemi di common law, assai meno in strutture del tutto diverse, ove il controllo giurisdizionale non riconosce alcuna intangibile autonomia. Così si sono potute creare delle Autorità indipendenti (?) dal potere politico, ma certo non indipendenti dal resto dei poteri democratici.
E poi, anche sull’indipendenza dal potere politico ci sarebbe da ridire. La monocraticità del vecchio garante dell’editoria non andava bene, ma anche lo schema Orazi e Curiazi non è poi così bello: quattro commissari rappresentano la maggioranza parlamentare, quattro la minoranza, ed il presidente fa l’arbitro. Risultato: decisioni non sempre intelligibili e tempi di lavoro a dir poco lenti. Ovvero, l’esatto contrario di quel che dovrebbe essere un’Autorità, e l’esatto contrario dell’Oftel.
Questo senza contare le sovrapposizioni, già, perché a fare le Autority ci si è preso, in Italia, un tale gusto da volerne creare una per ogni cosa e per ogni dove. Risultato: qualche volta ci si pesta i piedi, ed i piani industriali di Telecom Italia non è chiaro chi debba vederli, fra l’Autorità antitrust, quella per le comunicazioni, la Consob ed il sopravvissuto Ministro delle Comunicazioni.
Non basta, ci si mette anche la geografia. Per un non ancora chiaro motivo l’Autorità per le Comunicazioni ha sede a Napoli, gli uffici anche a Roma ed i commissari equamente distribuiti sul territorio nazionale. Risultato: un incredibile dispendio di tempo, energie e soldi (già, perché quando i commissari sono in sede prendono la diaria per fuori sede, anche perché non si sa di preciso dove abbiano sede).
Per tutti questi motivi più d’uno comincia a guardare con speranza alle autorità dell’Unione Europea. La speranza, si sa, è l’ultima a morire, speriamo non perisca sotto il peso della formazione burocraticocartolare dei funzionari UE.
Intanto l’Oftel continua il suo lavoro ed il mercato inglese, chiassà come chissà perché, è il più dinamico fra quelli europei. Pat Gallagher qualche volta mastica amaro, ma può ringraziare l’Oftel se non si ritrova i riflessi lenti ed appannati dei suoi colleghi italiani, francesi e tedeschi.