Economia

Benuria

Benuria

L’abbondanza è una gran bella cosa, ma la penuria può essere utile. Nei giorni che precedono la preparazione del Documento di economie e finanza si va leggendo che mancherebbero dai 10 ai 30 miliardi, per potere coprire le spese relative alle “promesse” o il costo delle necessarie riforme. Sono voci, pertanto non può esserne fatta responsabilità ai governanti. Anzi, si offre loro l’occasione di dimostrarsi migliori di quanti commentano ed azzardano previsioni. Perché i soldi non scarseggiano affatto, semmai abbondano. Giustamente vincolati a realizzazioni e risultati delle riforme fatte. La loro fonte è europea e restano un’occasione irripetibile di crescita e trasformazione. Il rischio che quei soldi corrono non è di dimostrarsi troppo pochi, ma troppi rispetto alla capacità di utilizzarli. Che sarebbe un marchio d’inettitudine destinato a stamparsi non solo sul governo, ma sull’Italia tutta.

Quelli che scarseggiano, piuttosto, sono i soldi privi di vincoli e di scopi, da elargire facendo finta di far scendere la pressione fiscale o recitando la commedia del soccorso ai bisognosi. Scarseggiano i soldi per assunzioni in massa, motivate non con le necessarie modifiche dei servizi pubblici e la loro digitalizzazione – che comporta una diminuzione complessiva del personale impiegato, non un aumento -, ma con la lamentazione del disservizio e della burocrazia paralizzate. Che certo non si sblocca affollandone ulteriormente le fila. Mancano i soldi con cui pompare la spesa pubblica corrente di cui poi nessuno si cura di verificare l’efficienza e la funzionalità, quasi considerandola un’attività da micragnosi, mentre i nemici della socialità solo i dilapidatori asociali.

Fra pochi giorni riapriranno le scuole e si accettano scommesse sulla ripartenza della gnagnera sulle cattedre vacanti. Più diminuiscono gli studenti – per denatalità – e più mancano gli insegnanti, un fenomeno paranormale. Ebbene, anche questa è un’opportunità: selezionare (facendolo per tempo) personale all’altezza, scelto per meritocrazia e impiegato nelle scuole che si sono costruite con i fondi europei, capaci del tempo pieno e dotate di mense. Assumere insegnanti senza selezione e senza nuove scuole non è una spesa sociale: è assumificio asociale e diffusore d’ignoranza.

La penuria può diventare benuria, in un Paese non abituato a verificare i risultati delle scelte che si fanno, quindi aduso a reclamare sempre le stesse cose buttandoci sempre nuovi soldi. La penuria nell’alimentare la spesa corrente è la migliore condizione per imparare a spiegare agli italiani che se paghiamo un litro di carburante più degli altri europei la responsabilità non è degli arabi, ma della montagna di quattrini che abbiamo destinato a quel che non produce ricchezza e diviene debito. Da troppi anni molti dei governi che si sono succeduti hanno provato a reclamare “elasticità” di bilancio per potere avere quei soldi da spendere, così regalando all’Italia la più lunga stagione di mancata crescita. L’assenza di quei soldi non porta affatto alla recessione – sovrana bubbola – purché si sia rigidi e seri nell’utilizzare gli abbondanti fondi indirizzati agli investimenti. Quelli sì, creano crescita. Magari meno gratitudine immediata dei locupletati, ma anche questa è divenuta una leggenda perché anche chi riceve (si vedano, ad esempio, i promessi aumenti e bonus agli insegnanti) poi non vota per gratitudine, ma premia chi promette qualche altra cosa.

La penuria, quindi, è anche un modo per non continuare questo avvelenamento spendarolo della politica, che fa crescere l’irresponsabilità e precipitare la credibilità. Chi ama le tradizioni nazionali dovrebbe saperlo: le nostre migliori ricette di cucina discendono non dall’avere troppo da cucinare, ma dall’avere poco e renderlo grande. Il pane duro nella ribollita è ricchezza, come polpette e fritto di paranza. Mentre lo spreco a debito resta sulla panza.

Davide Giacalone, La Ragione 22 agosto 2023

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