Economia

Biglietto per l’inferno

Biglietto per l'inferno

Gli annunci demagogici e le leggi manifesto portano risultati opposti a quelli che declamano e reclamizzano. Della categoria fa parte il decreto legislativo sul trasporto pubblico, che promette rimborsi per chi viaggia su autobus in ritardo di trenta minuti e treni locali in ritardo di un’ora, nonché multe fino a 200 euro per chi viaggia senza pagare il biglietto. Queste sono idee che possono venire solo a chi non frequenta quei mezzi, sicché legifera a orecchio. Essendo stonato. Alternative esistono, basta saperle imboccare.

Prendiamo il caso più semplice: cittadino dotato di un biglietto per una corsa urbana, del valore di 1€, il cui autobus porta 40 minuti di ritardo. Avrà diritto al rimborso. Ma prima occorre che qualcuno certifichi che era su quella corsa, poi deve avviare una pratica di rimborso. Per 1€? Se ha preso un biglietto giornaliero o è dotato di un abbonamento, si dovrà calcolare l’incidenza del ritardo sull’insieme delle corse acquistate. Il che è anche impossibile, perché posso comprare un giornaliero o fare un abbonamento mensile eppure non passare la giornata o il mese a farmi scarrozzare sui tram. Chi pensa sia reale un mondo simile non sa che quel tipo di meccanismo già esiste per i treni, talché puoi chiedere il rimborso al ricorrere di determinati ritardi. Il presupposto, però, è che tu stessi viaggiando non per andare a fare qualche cosa, ma per il gusto di deambulare, tant’è che, apposta perché in ritardo, tutti corrono via, senza curarsi di mettersi in fila all’apposito sportello. E per cifre superiori.

Non basta: il rimborso, di 1€, te lo daranno solo se il ritardo è interamente imputabile alla compagnia di trasporti. Se, ad esempio, una vettura parcheggiata sulla corsia preferenziale ne occlude il passaggio, non ti rimborsano nulla. Per non dire degli scioperi, che sono un diritto. Mentre avere il servizio per cui si è pagato no. Risulta evidente che una simile diavoleria non funziona neanche all’inferno. Semmai lo crea. Eppure ci sarebbe una soluzione più semplice ed efficace: gps a bordo di tutti i mezzi (così come già si fa per i camion), controllo della qualità e puntualità del servizio, imposizione di penalità al ricorrere e all’accumularsi dei ritardi, su tutte le corse, da versarsi nelle casse comunali e da scomputare dalle tasse locali. Non sarebbe risarcito il cittadino passeggero, ma il cittadino pagatore fiscale. Il disincentivo al disservizio sarebbe reale, perché nessuno crede a milioni di reclamanti 1€, mentre è facile credere ai controlli automatici e agli esattori unici.

E veniamo al trasporto ferroviario locale, affollato di pendolari. Chi lo usa sa benissimo che i casi di viaggiatori sprovvisti di biglietto sono molti. Sa che spesso si tratta di immigrati. Sa anche, per averlo visto mille volte, che il solo provvedimento che il controllore prende consiste nel farli scendere alla prima fermata (e quelli prendono il treno successivo). Domandai a un controllore: perché non li multa? Semplice, perché: a. è già un miracolo se non mi aggrediscono, mentre costantemente mi deridono; b. se chiedo i documenti mi dicono di non averli; c. se m’incaponisco devo fermare il treno, chiamare i Carabinieri, raccontare l’accaduto e far fermare il soggetto; d. nel frattempo gli altri passeggeri, che hanno pagato il biglietto, mi linciano.

Solo chi non ha mai visto quel che accade, perché su quei treni non mette piede, può supporre che a soggetti di quel tipo si giunga a far pagare 200 €. Anche qui, esiste l’alternativa. A parte i controlli a terra, che almeno eviterebbero l’affollamento degli abusivi, si offra ai controllori la possibilità di fotografare i renitenti al pagamento; le foto si trasmettono alle forze dell’ordine, con l’informatica che fa miracoli, ma facili e reali; al ricorrere della terza volta la faccenda non è più amministrativa, non si chiedono più soldi, ma li si ferma e condanna alla detenzione. Anche perché chi viaggia costantemente senza biglietto è segno che considera un optional il rispetto delle regole. Meglio fermarlo allo stadio più basso.

Invece si fanno norme inutilmente declamatorie, destinate a restare lettera morta, utili solo a strappare qualche titolo di giornale, a cura di chi non legge quel che descrive, il tutto rinunciando a fare quel che sarebbe utile. Abbiamo troppe norme, è vero, ma il guaio è che la più parte sono anche fesse.

Pubblicato da Libero

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