Economia

Bomba Ilva

Bomba Ilva

L’Ilva è una boma a orologeria. L’ennesimo decreto legge non la disinnesca affatto. In attesa di sapere se i disastri ambientali ci sono stati o meno, e, nel caso affermativo, chi ne sia responsabile, sono oramai certi un disastro economico e una catastrofe del diritto. Il governo concede garanzie pubbliche su prestiti che non potranno essere rimborsati e presta altri 300 milioni dei cittadini a un’azienda che  che è stata espropriata senza neanche un atto d’esproprio, ma per decreto legge. Prova a evitare la procedura d’infrazione, per aiuti di Stato, raccontando la favola che i soldi saranno restituiti, mentre gli aiuti producono solo l’allungarsi dell’agonia. La speranza governativa consiste nel vendere al più presto tutta la baracca. Ma quando Totò vendeva la Fontana di Trevi la cosa aveva maggiori profili di legittimità, perché, almeno, non aveva provato a intestarsene la proprietà, ma solo a raggirare il pollo-acquirente. I compratori, del resto, sono già passati un anno addietro, ma se ne sono anche andati perché chiedevano la garanzia d’immunità rispetto a danni che non avevano certo provocato e la certezza che i loro soldi non sarebbero mai stati presi negli ingranaggi dei processi in corso. In altre parole chiedevano di non essere trattati come i Riva. Nessuno poté offrire la garanzia, quindi salutarono e ripresero l’aereo. In quanto alla “cordata italiana” è possibile solo se si procede secondo la dottrina del cappio, tante volte praticata: i privati ci mettono qualche centesimo, le banche mettono il grosso, lo Stato dice di garantire tutti, poi, quando tutto rifallirà si procederà a rinazionalizzare quel che si era privatizzato, lasciando ai cordanti i loro soldi e mettendo in conto ai pagatori di tasse tutti i costi. Impiccandoli. Meglio tagliarle subito, certe corde.

Nell’ultimo decreto si stabilisce che la nuova proprietà deve arrivare entro il 30 giugno 2016. Tale obbligo, capace d’indebolire qualsiasi negoziato, serve a chiarire l’intenzione: sarà una diversa intestazione della stessa cosa. Una presa in giro formale. Un tentativo di nascondere la bomba cambiandole nome. Il botto sarà uguale. Rispetto a un anno fa, del resto, le cose sono peggiorate, sotto tutti i profili. L’acciaieria ha perso altre occasioni di lavoro, gare e contratti. In più non sono arrivati i soldi sui quali avevano già contato, ovvero quelli sequestrati ai Riva in Svizzera. Sono stati bloccati dal tribunale di Bellinzona, sulla base di un ragionamento che dovrebbe essere ovvio ovunque il diritto non sia sopruso: possiamo anche spedirvi quei soldi, sequestrati prima di un procedimento giudiziario ancora in corso, ma dovete darci la garanzia che, nel caso i Riva fossero assolti (in quel procedimento, che non ha nulla a che vedere con i danni all’ambiente), potremo subito restituirli. Banalmente ovvio. Ma siccome nessuno offriva alcuna garanzia, i soldi restano dove sono. Sotto sequestro, ma in Svizzera. Se il ricorso desse ragione alle pretese italiane, del resto, non farebbe che aumentare la potenza della bomba a orologeria, perché si ha l’ardire di usare quei soldi per incenerirli in una gestione fallimentare, come se appartenessero allo stabilimento, ma questo renderebbe ancora più grosso il buco, nel caso i Riva avessero poi ragione. Cosa che non si può certo escludere, se non togliendo qualsiasi significato ai giudizi che ancora si attendono.

Se poi dovessero avere ragione su tutta la linea, non solo si dovrebbero restituire loro i soldi, ma anche risarcire il ciclopico danno per avere distrutto un’acciaieria che era loro e che era funzionante e profittevole. Chi potrà mai pagare somme così alte? Il contribuente, perché il condannato sarebbe lo Stato. Lo stesso Stato che fa prestiti ad amministratori che ha nominato e che hanno fallito. Lo stesso Stato che non riesce a vendere ciò di cui s’appropriò. Lo stesso Stato che amministra la giustizia, da cui dipende una così incredibile partita. Totò, almeno, non pretendeva d’essere sia il notaio che il giudice della sua fantastica transazione.

Pubblicato da Libero

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