E che la cambino la “mitica” legge Mammì, anzi, come hanno fatto a non averla di già cambiata? Tutti la vogliono cambiare, tutti dicono che è nata vecchia, ed intanto, la vecchia, da dodici anni si finge indoma giovinetta. La cambino, ma, almeno, cerchino di capire quel che fanno.
Chi, come me, nell’agosto del 1990, si trovava in sala parto, ricorda alcune cose che ai posteri paiono incredibili. Ricordo, tanto per dirne una, che l’infame legge, poi rubricata come favoritismo verso Berlusconi, passò fra il plauso della sinistra, ivi compreso l’allora partito comunista italiano. Plaudì, commosso, il già vecchio Eugenio Scalfari, che pubblicamente ringraziò. A che si doveva tanto entusiasmo? Lo si doveva al fatto che la legge impediva a Berlusconi di sbarcare nell’editoria stampata, costringendolo anche a dislocare diversamente la proprietà de Il Giornale, e ad Agnelli di sbarcare in televisione. La FIEG, oggi valorosamente rappresentata da Luca Cordero di Montezemolo, sosteneva l’opportunità di tali divieti, ovvero l’esatto contrario di quel che sostiene oggi.
La “vecchia”, appena neonata, fu presto rinnegata da tutti. Addirittura, con ammirevole coraggio e limpidezza d’idee, i di lei avversari si avventarono come belve su uno striminzito e ridicolo osso giudiziario, cominciando a sostenere che fosse figlia del malaffare e della corruzione. La vicenda giudiziaria ha avuto l’epilogo che non poteva non avere, riconoscendo, con tempestività eccellente e procedura appena ottuennale, che non vi era reato alcuno che potesse essere contestato. Adesso, nel decennale, se ne parla poco, anzi, non se ne parla affatto. E li capisco, eccome se li capisco.
Dopo tutto, al fine, si torna a bomba: cambiatela, la “mitica”, l'”infame”, la “vecchia”. Faccia qualche proposta, l’inerte e rimbecillita sinistra, ci faccia sapere che ne pensa di quest’importante ed urgente riforma, chiesta da Montezemolo e presto plaudita dal presidente del Consiglio. Cari compagni tontoloni, quel che andava fatto lo scrissi nel 1991, ma voi eravate troppo occupati a ringraziare, troppo occupati a lottizzare, troppo occupati ad usigraizzare, per potere trovare il tempo di capire.