Sul capitalismo municipalizzato si gioca una partita importante, capace di condizionare il futuro del mercato italiano. Alemanno, appena eletto sindaco di Roma, disse che i vertici di Acea, come delle altre municipalizzate, avrebbero dovuto, per correttezza, dare le dimissioni. Aveva ragione (lo scrivo a ragion
veduta, avendo, in caso analogo, dato io le dimissioni). Poi ha corretto il tiro, affermando che della questione si sarebbe dovuto parlare anche con i soci di minoranza. Ma cos’è, Acea, come altre aziende simili, una municipalizzata od una società privata? Risponde al comune o al mercato? Il fatto è che si sono creati degli animali misti, divenuti autentici mostri.
Acea è stata quotata in borsa, ma il comune ne continua a possedere il 51%, e difatti ne nomina gli amministratori. Il “mercato” non è niente e nessuno, cosa di cui i suoi nemici di ieri ancora non si capacitano. Così va a finire che per ascoltare la voce del fantasma si vada a chiedere alla Suez, che ha azioni per l’8%, alla banca Schroeders (4,9) ed a Caltagirone (2,9). Ammesso e non concesso che siano quote cumulabili, arrivano al 15% del capitale, in un’azienda che si regge grazie al fatto che i cittadini di Roma, proprio in quanto cittadini, pagano l’acqua e la corrente elettrica, dopo avere pagato gli investimenti necessari per creare l’Acea. E vale lo stesso discorso per tutte le altre ex municipalizzate, oggi quotate. Sono mostri che fingono di non rispondere alla politica, popolati da mandarini lottizzati ed autoreferenti.
Non solo, allora, i vertici dovrebbero dimettersi, perché non è pensabile restino fino al 2010 avendo perso il rapporto fiduciario con l’azionista che possiede la maggioranza assoluta, ma lo stesso azionista, il comune, dovrà porsi il problema di conciliare il protrarsi di un tale equivoco patrimoniale con la realtà di un debito enorme e non estinguibile. Delle due l’una: o è un servizio pubblico, quindi una municipalizzata che si adegua a criteri di socialità (quali?), e pertanto risponde alla politica; oppure è una società che persegue il giusto profitto, governata dagli azionisti, fra i quali non ci sarebbe ragione di vedere un comune che deve far pagare ai cittadini l’immane costo del debito. Darwinianamente parlando: o l’animale misto si evolve, o si estingue.