Economia

Cinesi falsi e fessi veri

Cinesi falsi e fessi veri

Per portare in Cina l’Italia produttiva si deve evitare l’atteggiamento del turista superficiale. L’irresistibile attrazione, per la gran parte degli italiani che sbarcano in Cina, sono i falsi: prezzi bassissimi, grazie ad alto impiego di manodopera poco pagata. Il grande interesse dei cinesi, nei nostri confronti, si dirige, invece, verso tecnologia sofisticata e metodologie produttive innovative. Noi critichiamo il loro mercato interno per la stessa identica ragione che ce lo rende attraente: il grande risparmio sul fattore lavoro, oltre che la noncuranza sui diritti di marchio o brevetto. Loro studiano il nostro mercato per quel che noi neanche ci accorgiamo di valere: idee, innovazioni, brevetti. So bene che nel “noi” e nel “loro” c’è tanta approssimazione, ma faremmo bene a guardar le cose con maggiore attenzione, facendoci sfuggire meno opportunità.

Nei loro bassi costi c’è il valore delle economie di scala, già noto a tutti i sistemi industrializzati. Esempio: i sarti non si sparpagliano per la città, ma si concentrano in pochi grandi centri, dentro i quali aprono qualche centinaio di micro botteghe, prive di laboratorio artigianale. Vai, ordini un vestito su misura, ripassi dopo due giorni e lo trovi pronto, ad un prezzo ridicolo (difatti tutti se lo raccontano e chi s’è perso l’avventura corre a viverla). Il trucco? Semplice: le stoffe ci sono già, il laboratorio è concentrato in un unico posto ed ha dimensioni enormi, il lavoro non cessa mai, sicché per tagliare e cucire ci si mette un paio di giorni. Uno, se hai fretta e paghi. Le rifiniture non sono il massimo, ma migliori di molti abiti già pronti, disponibili dalle nostre parti. Il fatto è che i cinesi ci si vestono, mentre noi andiamo a chiedere vestiti firmati, vale a dire dei falsi: stesse stoffe, stesso lavoro, solo cambia il modello, il bottone e il marchio. Il grande mercato del falso, insomma, siamo noi. Il resto sarebbe diverso. Tema interessante, ma diverso da quello che qui interessa.

Mentre noi festeggiamo gli acquisti (salvo poi indignarsi quando il falso te lo trovi sotto casa), loro si sono stufati di far ciabatte e cucire stoffe. Sono diventati ricchi, grazie ad una produzione in fortissimo incremento e un risparmio forzoso che li rende creditori del mondo ricco. Oramai hanno allentato il freno dei consumi interni, come si può ben vedere sia osservando i costumi dei cittadini che misurando il tasso reale d’inflazione. Ora pensano da ricchi: come portare valore dentro il sistema produttivo? E’ vero, la loro ricerca universitaria ha fatto passi da gigante, ma il ponte verso l’innovazione industriale è ancora in costruzione. Così hanno capito che devono importare idee di valore, sapendo benissimo che per farlo devono proteggerle, non saccheggiarle. Noi, che abbiamo nella busta il falso firmato, crediamo invece che siano lì solo per fregarci, sicché favoriamo il loro mercato del falso e ostacoliamo quello del nuovo. Siccome il mondo è tondo e ci si fà concorrenza, il lavoro che non facciamo noi lo faranno altri. Sveglia, allora, perché perdiamo troppe occasioni.

Ci sono intere lande cinesi dove ancora il terreno è fertilissimo e libero. Non si creda che tutto sia Pechino e Shanghai. Quando Richard Nixon si recò per la prima volta a Pechino, nel 1971, si profuse in elogi per Mao Zedong, complimentandosi con lui per i tantissimi cambiamenti della Cina. Quello gli rispose, con lentezza: “Ma no, al massimo sono riuscito a cambiare un paio di cose, qui attorno a Pechino”. Aveva ragione: la Cina è immensa, e nonostante la rivoluzione di Deng Xiaoping, ancora in corso, sia forse la più grande e profonda della sua storia, molto deve ancora essere fatto. E per noi è un’occasione d’ingresso.

Il nostro governo dovrebbe dedicare molta più attenzione a questo mercato, e i nostri imprenditori dovrebbero essere incoraggiati e aiutati. Da soli si va allo sbaraglio. Magari si trova fortuna, ma è più facile prendere musate. Qualche buona cosa è già stata fatta: l’avvio del centro per lo scambio tecnologico protegge i nostri protagonisti, mettendoli sotto l’ala dell’attività governativa (di ambo le parti). E’ molto, specie in un mercato ancora controllato e centralizzato. Il nostro sistema bancario si dimostra debole, limitato, talora ottuso, ma in Cina ci sono istituzioni finanziarie e fondi privati pronti a scommettere (se ne vale la pena). Sono molto professionali, sicché, talora, i nostri imprenditori perdono occasioni proprio perché non all’altezza del confronto finanziario e culturale. Si può aiutarli, esistono istituzioni e centri in tal senso utili, ma solo partendo da una consapevolezza: siamo noi gli arretrati.

La Cina d’oggi non è il paradiso della sola, ma neanche l’eldorado dell’affare facile, è un grande mercato in crescita, affamato di tecnologia e ricco quanto basta per volerla soddisfare. Se ci limiteremo a comprare i falsi vestiti, le false borse, i falsi orologi, per poi lamentarci del fatto che esistono i falsi, avremo conquistato un non ambito titolo: quello dei veri fessi.

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