Ben Bernanke sostituisce Alan Greenspan alla Federal Reserve ed a noi tocca fare i conti con un sistema molto diverso dal nostro, comprendendone le indubbie efficienze e traendone qualche indicazione per il futuro. Cinque lezioni, ed una morale.
1. Greenspan era considerato “insostituibile”: alla guida della Fed da diciotto anni, protagonista di tempeste monetarie e crisi di mercato, ha pilotato tassi d’interesse e cambio del dollaro in modo da innescare un virtuoso circolo di sviluppo. E’ stato sostituito. Era naturale, era logico, era fisiologico. Nessuno è insostituibile e non esistono cariche a vita, nei sistemi democratici ed ove vige il diritto. Mettete a paragone questa scena con la pochade di via Nazionale, e traetene il dovuto sconforto. 2. Ben Bernanke, oltre ad essere professore a Princeton, è anche il capo dei consiglieri economici della Casa Bianca, è, insomma, a tutti gli effetti, un uomo del Presidente. S’immagini cosa succederebbe, in Italia, se fosse compiuta una scelta simile (ad esempio: il prof. Renato Brunetta governatore della Banca d’Italia). Apriti cielo, ed invece è un sistema del tutto razionale: sceglie chi è investito di un mandato popolare (il Presidente) e se sceglie male saranno i mercati a renderlo noto, a lui, all’intero Paese, ed al mondo. Se sceglie bene, invece, vuol dire che fra i suoi consiglieri aveva gente di livello, e sarà un suo ulteriore merito.
3. Bernanke deve la nomina al Presidente, ma quando s’insedierà sarà da lui del tutto autonomo. Così come dal suo successore. Alla scadenza del mandato potrà essere confermato o sostituito, ma nessuno potrà prima di allora attentare all’autonomia della Fed. L’enorme potenza degli strumenti che si ritrova fra e mani è compensata dalla durata limitata di ogni singolo mandato. Da noi, pur di durare in carica per l’eternità, si accetta di esercitare blandamente i già scarsi poteri. 4. Il nuovo capo della Fed ha cinquantatre anni. Da noi, a quell’età, sarebbe un debuttante.
5. Il professor Bernanke si è formato studiando la crisi del 1929 e lavorando sui provvedimenti anticiclici, destinati a combattere la debolezza del sistema produttivo. Al contrario di Paul Volcker, che dalla Fed combatté l’inflazione, Bernanke è un sostenitore delle politiche espansive. Ora, pur mettendo nel conto che una cosa sono gli studi ed altra la delicata funzione che gli è stata affidata, comunque ce n’è abbastanza per sapere che non si addolorerà se vedrà scendere il valore del dollaro, se il rapporto deficit/pil dovesse crescere (è attorno al 4%), se saranno acquisite quote di debito. Il che significa che il nostro sistema produttivo dovrà ancora fare i conti con un euro spropositatamente sopravvalutato, per giunta accompagnato da regole europee di bilancio che rispecchiano il timore dell’inflazione e sono impotenti innanzi ad un calo della produzione.
Morale della favola: Bernanke succede a Greenspan, a sua volta successore di Volcker e i due che hanno dato prova di sé sono stati promossi, dai mercati, con pieni voti; mentre noi europei abbiamo elaborato un sistema di politica economica senza governo, una specie di pilota automatico che si è formato intellettualmente (si fa per dire) all’epoca di Volcker e della minaccia inflattiva. Abbiamo detto al pilota automatico di fare attenzione al troppo caldo, ed ora che fuori gela, nel mentre lui si comporta come se sorvolasse i palmizi, la politica europea dorme in fusoliera. Qualcuno suoni l’allarme, please.