Economia

Condoni e condonati

Condoni e condonati

Lo scudo fiscale, la possibilità di far rientrare o regolarizzare capitali irregolarmente posseduti all’estero, ebbe un grande successo, nel 2001-2002. Altri Paesi europei ce lo invidiarono, mentre gli Stati Uniti, attraverso la pragmatica via della non procedibilità contro chi patteggia, lo imitano. Ebbe anche una vasta opposizione, in parte popolata, però, dagli stessi che lo utilizzarono.
Ogni condono ha un duplice profilo. Da una parte favorisce chi non ha dichiarato al fisco quel che avrebbe dovuto, quindi ha un sapore d’ingiustizia nei confronti di chi è stato leale, per scelta o per costrizione. Dall’altra porta a tassare capitali e beni che, altrimenti, non avrebbero versato un tallero nelle casse statali, quindi contiene un elemento di giustizia a favore di tutti. L’equilibrio fra queste due cose è dato da molti fattori pratici, il successo si misura in un mondo solo: il gettito che procura. E lo scudo, nelle versioni passate, ha dato ottimi risultati.

Capita a questo, come ad altri condoni, che l’ipocrisia collettiva imponga di dire che non sono una bella cosa, ingigantendo il primo profilo e cancellando il secondo. Capita anche, specie nel Paese della doppia morale, che chi si oppone in pubblico li utilizzi in privato. Ci sono molti esempi concreti, ed è bene ricordare che anche chi strilla di più, reclamando punizioni esemplari, come fa Antonio Di Pietro, poi acchiappa i condoni al volo. Così com’è bene ricordare i tanti quattrini che certa sinistra dell’intermediazione si ritrovò all’estero (basti pensare ai vertici delle cooperative rosse, agli scalatori bancari, a quelli che s’arricchirono grazie alla malaprivatizzazione di Telecom Italia), resi disponibili e reinvestibili grazie allo scudo.

Se la politica facesse il suo mestiere, se i politici fossero uomini di pensiero che parlano solo quando hanno qualche cosa da dire, la divisione non sarebbe astrattamente pro o contro i condoni, ma circa la loro finalità e funzionalità. Un condono fiscale all’indomani del cambio delle regole è cosa buona e giusta, ad esempio, perché consente agli evasori di mettersi in regola e riconosce che molti di loro, se non proprio tutti, sono stati spinti o costretti a deragliare da regole sbagliate. Il nuovo sistema, inoltre, si spera funzioni, quindi il condono aumenta la quantità di ricchezza sulla quale potrà operare, arrecando un beneficio a tutti. Al contrario, invece, sono perniciosi i condoni destinati esclusivamente a far cassa, quasi fossero giubilei dell’evasore e dell’abusivo, perché finiscono con l’essere armi di diseducazione di massa, spingendo ad emulare i furbi. Parlare, invece, solo in termini di equità e giustizia serve ad evocare grandi principi e riempirsi la bocca, in modo da celare il vuoto che rimbomba nella testa.

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