Suggestiva, ed anche simpatica l’idea di mandare al Governo una lettera congiunta. La Confindustria ed i Sindacati lanciano così un segnale importante e politicamente rilevante. I firmatari vorrebbero, forse, che si sottolinei il fronte comune dei produttori, degli imprenditori e dei lavoratori, preoccupato delle reali sorti del mercato italiano e, in particolare, del Mezzogiorno.
Un fronte, insomma, attento alle cose vere, concrete, non alle bandiere con su stampati gli slogan favorevoli al taglio delle tasse. Ma il retrogusto è diverso, molto diverso.
Si preoccupano del Sud, Confindustria e Sindacati? Bravi, il che significa, immagino, che abbiano pronto un accordo per rendere liberamente determinabili i salari, senza più ingabbiarli in accordi nazionali che sfavoriscono le aree a più alta disoccupazione. Immagino anche che siano d’accordo nel non finanziare indifferentemente tutte le imprese, nel non sgravarle di Irap in modo indistinto, ma che si premino i settori maggiormente coerenti con lo sviluppo del Mezzogiorno, la cui vocazione i mittenti della lettera avranno provveduto a chiarire, a se stessi ed agli altri.
I rappresentanti degli imprenditori e dei lavoratori avranno sicuramente provveduto a mettere a punto una proposta che semplifichi l’iter per l’apertura di nuove aziende e per la creazione di nuovi posti di lavoro, con ciò stesso alleggerendo tutti da inutili passaggi e controlli burocratici, e rendendo superfluo continuare a pagare lo stipendio ad una parte dei dipendenti pubblici, che, privi di mansioni, rischiano d’inventarsele. Bella cosa: si semplifica la vita a chi ha iniziative e si diminuisce la spesa pubblica. Così com’è evidente che le due organizzazioni hanno convenuto sull’inutilità di sfornare, al Sud, legioni di letterati e presunti legulei, concentrando qui gli forzi di formazione professionale, anche, perché no, per favorire e rendere qualitativamente superiore, una naturale attitudine turistico alberghiera.
Insomma, per mandare quella lettera i firmatari devono pur avere una qualche novità da sottoporre alla pubblica attenzione, senza cadere in quel meridionalismo che Francesco Compagna, grande meridionale e meridionalista, chiamava “querulo e piagnone”. Altrimenti si tratterebbe di una sciocca operazione d’immagine, che, avendo preso corpo alla vigilia dello sciopero generale, ha in sé una pur ammirevole estrosità circense.
Ove mai su queste, e su altre cose, i due mittenti congiunti non abbiano maturato idee chiare ed innovatrici, sarà il caso di ricordare loro che il Meridione si trova nelle condizioni in cui è anche grazie al loro tenace impegno ed indefesso servizio agli interessi dei garantiti. Certo, ovviamente, in una democrazia, il peso delle scelte sbagliate deve cadere, prima di tutto, sulle spalle della politica. E, difatti, una delle colpe incancellabili della politica italiana, purtroppo senza colore, e senza neanche soluzione di continuità fra prima e (pare) seconda Repubblica, è quella di non essere riuscita a dire a Confindustria & Sindacati una semplice e dolorosa verità: la prima non rappresenta gli interessi del mercato libero e regolato, i secondi non rappresentando quelli dei giovani che cercano lavoro, senza trovarlo.