Economia

Crisi e marmellata

Crisi e marmellata

La crisi economica sta diventando l’occasione di una gran marmellata comunicativa. Sono settimane che i giornali e le televisioni strillano al disastro, qualcuno passa ed invita all’ottimismo, ma nella realtà non cambia molto: i soldi in tasca sono quelli di prima (mai troppi), non è detto che si trovi posto al ristorante e lo Stato fruga nelle tasche per salvare Alitalia. Le contraddizioni generano disorientamento, al punto che Vittorio Feltri ha ben descritto il proprio sgomento quando s’è trovato con i risparmi grattugiati. La crisi non gli era ignota, ma che c’entravano i talleri suoi, posto che non fa il biscazziere o lo speculatore?
Ora s’annuncia la recessione, ma chi sta male oggi lo stava anche ieri, e chi ieri veleggiava continua a farlo. Cos’è, allora, questa crisi? Per prima cosa dobbiamo piantarla di prenderci in giro: il tifone finanziario ci colpisce, come tutti, ma noi stavamo male prima, perché sono anni che l’Italia cresce meno degli altri Paesi europei, a causa d’arretratezze tutte interne, di colpe tutte nostre, e di un debito pubblico mostruoso il cui peso, adesso, sarà insopportabile. Se ce la prendiamo con gli dei, o con i furfanti del derivato, capiamo poco e niente.
La crisi è già arrivata, ha già colpito le banche ed il governo è intervenuto una volta, per garantire i depositi, ed interverrà una seconda, per garantire gli assetti proprietari. Dalle banche si trasferisce al sistema produttivo, perché le prime hanno suggerito ai clienti di non chiedere i soldi indietro, dicendo che non c’è pericolo, ma poi non danno soldi al mercato e chiedono il rientro delle esposizioni, cioè si comportano come non vogliono si comportino i correntisti. I soldi di Feltri, i miei e quelli di tutti dimagriscono, ma guai a toccarli. Con meno soldi, con meno fluido vitale, le aziende rallentano o saltano, anche perché i venti di crisi deprimono i consumi. Ed ecco che la crisi finanziaria diventa crisi reale, diminuzione di ricchezza.
Ricordate, però, che anche nel 2009 il mondo crescerà più del 3%, che gran parte dei nostri vicini crescerà, poco ma crescerà, e noi affondiamo perché impantanati in una sabbia mobile fatta di rigidità interne e debito. Potrebbe essere un’ottima occasione di cambiamento, a patto di non prenderci in giro e non raccontarci balle.

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