Economia

Debito in salita e prodotto in discesa

Debito in salita e prodotto in discesa

Il prodotto interno scende ed il debito pubblico sale. Questi sono i sintomi, non la malattia. Il prodotto interno è sceso anche negli altri Paesi europei, oltre che negli Usa, in qualche caso in modo più accentuato che da noi. La Spagna, ad esempio, ci aveva superato in salita e ora ci risupera, ma in discesa. Il debito cresce anche altrove: nell’area dell’euro, fra il 2008 ed il 2010, è in ascesa di 14 punti. Il mal comune non induca alcun gaudio, perché possiamo pure prendere tutti lo stesso raffreddore, solo che il malato terminale, con i polmoni sfatti, ne morirà, mentre il giovane innamorato concupirà la sua bella anche sotto la pioggia, sebbene moccioso.
La crisi finanziaria ha fatto temere una drammatica caduta dei consumi, sicché i governi hanno messo mano al portafoglio per sostenere l’occupazione ed i cittadini. Molti di quei soldi sono andati sprecati, ed il fatto che noi si fosse già indebitatissimi, quindi impossibilitati a spendere oltre, si è rivelato un singolare vantaggio: stando fermi abbiamo bruciato meno. Il debito degli altri cresce, insomma, per lo sforzo di sostenere il mercato, mentre da noi cresce perché i soldi li abbiamo già spesi e la diminuzione del prodotto aumenta il peso percentuale delle cambiali firmate. Non sono situazioni analoghe.
Mettersi a risanare i conti, tagliando la spesa, in tempi come questi, è funambolico. L’Europa ce lo chiede, ma nessuno ci crede. Tutti, anzi, fanno il contrario. Solo che, pur da fermi, ci beccheremo tutta l’inflazione prodotta dagli altri, statunitensi ed inglesi in testa, il che diminuirà il potere d’acquisto dei nostri cittadini. Per giunta, avendo in tasca l’euro, non solo non potremo puntare sulle svalutazioni, ma subiremo quelle altrui. Infine, sempre stando fermi, facciamo crescere la pressione fiscale, in ragione del fatto che il crollo delle entrate è minore ed è ritardato rispetto a quello del prodotto.
Per questo sostengo, da tempo, che l’elogio della fermezza altro non è che l’elogio dell’impotenza, o dell’incapacità. Fra le nostre mani sta scorrendo il tempo utile per muoversi, con riforme strutturali che ridiano respiro ai mercati e rilancino la competitività. Da fermi, vedremo solo il termometro salire e la pressione scendere, talché la purga inflattiva farà collassare tanta gente.

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