Economia

Declassamento telefonico

Declassamento telefonico

L’Europa dei telefoni guarda al futuro, alla separazione fra fornitori di rete e fornitori di contenuti, alla diffusione della banda larga, al compimento del tragitto iniziato con le direttive di fine anni ottanta, quelle sulle reti aperte. L’Italia dei telefoni si guarda l’ombelico, litiga su quale banca deve comandare all’interno

dell’operatore ex monopolista, Telecom Italia, che nel frattempo è stato massacrato da una privatizzazione pessima, è stato impoverito da gestioni predatorie e s’accinge ad essere consegnato agli spagnoli di Telefonica. Se qualcuno volesse un riassunto del perché perdiamo colpi e quote di mercato potrebbe tranquillamente attaccarsi al telefono.
Anche da noi si è lungamente parlato di separazione delle reti, ma lo si è fatto con gli occhi puntati ai bilanci da salvare e non al mercato da aprire. Il tutto mentre le autorità di garanzia assistevano inerti, e talora complici, al pompaggio di ricchezza dal mercato per lasciarla defluire nei canali oscuri, e fiscalmente esenti, delle finanziarie lussemburghesi od esotiche. Noi reclamavamo l’adesione alle direttive europee per rendere più forte il mercato, per favorire i consumatori ed anche per far crescere gli operatori capaci di reggere la concorrenza. Nella realtà si è approfittato della destatalizzazione per favorire il ladrocinio, protetto anche con azioni direttamente criminali.
Nel pacchetto presentato dalla commissaria europea, Viviane Reding, è compresa l’istituzione di un’autorità europea di controllo. Per noi sarebbe una buona cosa. Cederemmo sovranità in cambio di regole non influenzabili dalla preponderante forza di operatori ancora in grado di spendere miliardi in comunicazione e, quindi, in condizionamento del mercato politico interno. Ci guadagnerebbero gli italiani che, come la Reding osserva, dispongono di servizi arretrati rispetto ad altri cittadini europei. Ci perderebbe la voglia di conservare un operatore italiano capace di giocare sui mercati mondiali. Ma quello è un sogno che noi stessi abbiamo infranto, trasformandolo nell’incubo di una Telecom sconfitta quasi ovunque, costretta a vendere ed arretrare per far fronte ai debiti, gettatasi in battaglie nel corso delle quali le armi utilizzate non sempre andavano d’accordo con le leggi nostre e quelle altrui.
L’Italia delle telecomunicazioni era, nei primi anni novanta, nelle condizioni di aprire la concorrenza nel proprio mercato interno e portarla in altri mercati. Oggi è un mercato da sfruttare, i veri operatori sono i cittadini e le aziende, che telefonano, si connettono e pagano. Ci siamo declassati. Almeno si abbia la lucidità di comprenderlo e difendere gli interessi che ancora esistono, non quelli dei morti che sopravvivono a dispetto della loro sconfitta.

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