Economia

Donne, lavoro ed Obama

Donne, lavoro ed Obama

Il politicamente corretto degenera facilmente nel demenziale. E’ successo a proposito della presunta legge di Obama, presentata da tutti come destinata a sancire la parità salariale fra uomini e donne, oltre che come esempio da seguire. Peccato che la notizia sia destituita d’ogni fondamento, l’immaginaria asserzione è sbagliata nel merito e l’Italia ha appena finito d’essere condannata per discriminazione ai danni dei … maschi.
Negli Usa si è rimediato ad un diverso problema: una signora s’accorse che il proprio salario era ingiustificatamente inferiore a quello dei colleghi maschi e fece causa, ma la corte suprema obiettò che avrebbe dovuto agire entro 180 giorni dalla firma del contratto, la nuova legge, ragionevolmente, stabilisce un termine di 180 giorni dall’ultimo stipendio. Il resto, ovvero tutto quello che abbiamo letto, è fantasia perversa.
Stabilire, per legge, i livelli e le eguaglianze salariali è un errore madornale, che conosciamo e che danneggia l’economia ed i lavoratori. E’ ovvio che, in un Paese civile, non possono esserci discriminazioni di alcun tipo, neanche salariale, basate su elementi quali il sesso, il colore della pelle o la fede religiosa, ma questa è la sostanza dell’eguaglianza e libertà dei cittadini, mica una prescrizione da tradurre in busta paga. Per quella valgono la produttività, la capacità, l’anzianità. Noi, oltre tutto, abbiamo sistemi che favoriscono le donne, che consentono loro di andare in pensione prima, e per questo, relativamente al settore pubblico, ci hanno condannato.
Tutto ciò significa che il problema delle pari opportunità non esiste? Al contrario, perché in Italia lavorano troppe poche donne, che fanno carriera prevalentemente nel settore pubblico. Detto in parole diverse: le protezioni sbagliate sfavoriscono l’ingresso nel mercato e l’affermazione personale, mentre l’impiego statale diventa un’oasi senza rischi concorrenziali. Corollario: molte donne di valore non trovano collocazione professionale, molte potenziali lavoratrici non diventano tali, mentre cresce la percentuale di quelle che si “sistemano” all’ombra della spesa pubblica. Dato questo giacimento inviolato di competenze, qualificazioni e volontà, posto il ripiego, inutile chiedersi perché l’Italia non cresce il dovuto, anche quando il mercato tira.

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