Economia

E giù bot(te)

E giù bot(te)

Il modo è sbagliato, ma la sostanza di più. Ancor peggiore la correzione. Sotto la voce “rimodulazione” le patrimoniali sulla casa sono state solo ridenominate e aumentate. Graziano Delrio è il più stretto collaboratore istituzionale del presidente del Consiglio (sottosegretario alla presidenza, quindi segretario del Consiglio dei ministri), il politico più vicino a segretario del Partito democratico, nonché amico di Matteo Renzi. Lo avvolge e circonda, essendone avvolto e circondato. Delle sue parole sulla maggiore tassazione dei titoli del debito pubblico colpisce l’irritualità istituzionale (il governo non aveva ancora esposto il proprio programma), la scortesia nei confronti del ministro dell’economia (in quel momento neanche tornato in Italia) e l’incoscienza politica. Ma deve colpire, prima di tutto, il profondo errore da cui discendono.

La fonte dell’errore è la seguente: le rendite finanziarie sono tassate meno che in altre lande d’Europa. In realtà sono tassate meno della media europea, ma già più che in altri paesi europei. Inoltre alla tassazione degli utili si deve aggiungere la patrimoniale del 2 per mille, che ogni anno paghiamo non sugli utili, ma sul depositato o investito. L’errore più grosso consiste nel giocare con le medie: la pressione fiscale totale è, da noi, superiore alla media Ue, se andiamo a prendere gli anfratti in cui siamo sotto e li alziamo non facciamo che peggiorare la situazione, impoverendoci sempre più. Il ragionamento, quindi, è bacato all’origine. Ma, sostengono a Palazzo Chigi, per questo vogliamo “rimodulare”. Vediamo perché farlo sui titoli del debito pubblico è tafazzismo scientifico.

Siamo entrati nella crisi con un debito pubblico troppo alto e sproporzionato rispetto a quello degli altri europei. Ci ritroviamo, dopo la cura del tassa e copri, con un debito ancora più alto, ma non più sproporzionato, perché quello degli altri è cresciuto molto più del nostro. A questo si aggiunga il vantaggio che il 65% del debito è collocato dentro i confini nazionali, il 10% presso le famiglie e i risparmiatori. A questa gente si dovrebbe fare un monumento, non tassarli.

Paghiamo, ogni anno, più di 80 miliardi di interessi sul debito pubblico. Se ci mettiamo a tassare i relativi titoli ne recuperiamo un gettito di 2 o 3 miliardi (dipende da quanto li si tassa). Solo che all’asta successiva gli investitori vorranno essere remunerati del costo, sicché chiederanno interessi più alti. Ci vuole della fantasia, per supporre che tale via porti altrove che non alla perdizione.

La durata media dei titoli del nostro debito pubblico è di 6.5 anni. Troppo corta, creandoci affanno nel rinnovo e impossibilità di praticare politiche di ripresa. Accanto all’abbattimento del debito, mediante dismissioni di patrimonio pubblico, e taglio della spesa pubblica (stiamo ancora aspettando di saper il cosa, il come e il quanto), occorrerebbe una vasta operazione di allungamento temporale del debito. E’ possibile farlo. In tal senso esiste una proposta, più volte esposta, elaborata sotto la guida del prof. Paolo Savona. Lo strumento fiscale può ben essere utilizzato, ma nel senso opposto a quello immaginato da Delrio: per facilitare e alleggerire, non complicare e appesantire.

Il guaio di questa faccenda è che “rendite finanziarie” è definizione che richiama l’immagine dei ricchi, sicché tassarli sembra operazione saggia. Ora, a parte il fatto che far la guerra alla ricchezza, anziché alla povertà, è masochista, e a parte che l’esempio evocato da Delrio, per sinceramente dare concretezza alle proprie parole, era quello di un’anziana signora, rea di avere centomila euro in Bot, cioè di doversi garantire per la vita con meno di quel che un parlamentare guadagna in un anno, a parte ciò, è bene chiarire che i ricchi non ci sono. Se ne sono andati o se ne stanno ammucciati. Quelli dipartiti sono schietti, talché cerano ecosistemi favorevoli, oltre tutto presenti già dentro l’Unione europea. Quelli nascosti non investono in Bot, comunque non tramite la loro banca. Il delirio di Delrio, alla fine, altro non è che un colpo al ceto medio risparmiatore. Ovvero a quel che resta di un vantaggio e un valore italiano, che usa soldi già stratassati. Se questo e il buon giorno, buona notte.

Pubblicato da Libero

Condividi questo articolo