Economia

Errori tecnici

Errori tecnici

Non è sensato chiedere al governo Monti, privo di mandato elettorale, di affrontare e risolvere l’insieme dei problemi italiani. Oltretutto in poco tempo e sconfinando in temi che sono tipicamente parlamentari. Ma neanche è accettabile che si taccia, solo perché il governo è tecnico nonché privo di alternative immediate, sui passi falsi che compie. Taluni resi ancor più gravi proprio dalla sua natura tecnica. Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha scelto di non tacere e ha fatto bene.

Dice il ministro dell’economia, Vittorio Grilli, che il governo è pronto ad ascoltare la voce del Parlamento, circa la retroattività delle norme fiscali. Il bello è che quelle parole vengono riprodotte dai media quasi fossero un’apertura, mentre somigliano, più che altro, alla scoperta che esiste ancora la Costituzione. E’ ovvio che il Parlamento è sovrano, nel legiferare. Non è una graziosa concessione dei governanti. Il fatto è che l’esecutivo scarica sul legislativo il compito di trovare la copertura, ma siccome la legge di stabilità è d’iniziativa governativa questo approccio suona alquanto anomalo, per non dire vagamente ricattatorio. Della serie: noi abbiamo già annunciato sgravi fiscali, compensati da aggravi che li superano, adesso voi, se siete capaci, provate a cancellare le promesse di minori tasse. Non è un ragionamento accettabile.

In quanto alla palese violazione dello statuto del contribuente, Grilli documenta che non è la prima volta, essendo già avvenuto in passato. E allora? Se un comportamento illegittimo, violante il rapporto contrattuale fra il cittadino e lo Stato, si giustifica con l’esistenza di precedenti analoghi ne consegue la conferma della non credibilità di istituzioni e leggi. Non che sia una tesi nuova, ma resta devastante. Né è necessario spiegare il perché, salvo aggiungere che è proprio l’attuale governo, nonché i suoi acritici laudatori, a spiegare quotidianamente in cosa consiste il problema futuro dell’Italia: la credibilità circa la continuazione delle politiche impostate, una volta che al governo torneranno quei disgraziati che prendono i voti. Ma che credibilità duratura volte che abbiano politiche che si basano sulla non credibilità delle leggi scritte?

Le cose non vanno meglio sul fronte della legislazione relativa al lavoro. La legge impostata dal ministro Elsa Fornero è stata approvata a giugno ed è entrata in vigore alla metà di luglio, siamo a metà ottobre e il ministro propone un decreto per correggerla. Il punto che ritiene urgente rivedere è esattamente quello sul quale si erano appuntate le nostre (e non solo nostre) osservazioni, quando scrivemmo che con quella legge non solo non si sarebbero creati posti di lavoro (come invece accadde quando si varò la, colpevolmente postuma, legge Biagi), ma si sarebbe reso meno permeabile l’ingresso nel mondo del lavoro e si sarebbero distrutti i posti dei contratti a termine. Cose puntualmente avvenute, che entro la fine dell’anno produrranno effetti ancora più dolorosi e che suggeriscono, adesso, d’intervenire per decreto.

Ma ci sono due questioni, cui non è possibile sfuggire: a. se il governo tecnico continua a produrre errori tecnici, e se quegli errori servirono e servono per lisciare il pelo a una stucchevole propaganda falso-buonista e falso-egualitaria, ciò distorce non poco il dibattito pubblico, e anche il mercato politico; b. se il rimedio consiste in ulteriori decreti occorre ricordare che questi sopravvengono sul limite d’esistenza del governo, quindi lasciando in eredità non solo problemi irrisolti, ma anche problemi creati.

Concludo da dove ho iniziato: non è ragionevole chiedere che il governo Monti risolva tutto, e nemmeno molto. E’ un governo d’emergenza, un medico chiamato al pronto soccorso dopo che il malato era stato massacrato dai congiunti, impegnati a disputarsi la colpa del suo possibile decesso. Ma non è ragionevole neanche la prona adorazione di tanti commentatori, né è accettabile che si continui a dire che la ripresa ci sarà in un 2013 che chiuderà in ulteriore recessione (ieri i giornali pubblicavano i dati della Banca d’Italia capovolgendone il senso, mettendo il colore rosa laddove era stato usato il nero seppia). L’illusionismo è arte circense. Fuori da lì si chiama in modo diverso.

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