Perché su un terreno tecnicamente complesso e politicamente sensibilissimo, come quello della moneta unica, ci si muove con efficacia e ottengono risultati, mentre nel mare dell’immigrazione, umanamente devastante, ma che pure potrebbe essere razionalmente affrontato e governato, si continua ad annegare? Come mai anche quanti dell’euro coltivano il peggiore giudizio pure sono stati pronti a vedere in Mario Draghi il salvatore di non poche cose: dalle banche ai governi, dalla moneta all’Europa tutta? Troppa grazia, anche per chi ha seguito e raccontato con condivisione l’operato della Banca centrale europea. La risposta è: le scelte si possono sempre condividere o meno, ma la Bce sa compierle, quindi funziona. Ciò per due ragioni: a. è un organismo compiuto, nel quale non vige il metodo intergovernativo; b. si decide a maggioranza.
Aggiungo: non sono fra quanti credono che la Germania sia il bau-bau d’Europa e preferisco il rigore dei conti allo scialacquamento messo in conto ai contribuenti, ma osservo che quando ci si abbandona al metodo intergovernativo, supponendo che l’Ue possa essere deambulata nei tandem delle cancellerie, il peso della Germania diventa enorme, essendo il Paese più popoloso, più ricco e più capace di usare le regole a proprio favore e far loro marameo quando disturbano; al contrario, quando si esce dal sistema intergovernativo e si usa il metodo a maggioranza, non solo la Germania riprende la normalità della propria influenza (come gli altri), ma finisce anche in minoranza. Questo è successo alla Bce, proprio sulle scelte decisive relative al governo della moneta. Con rispetto e ammirazione, quindi, non direi che Draghi è un salvatore, ma il prodigio miracolato di chi ha saputo interpretare una delle cose meglio riuscite degli ultimi venti anni europei.
Ecco la lezione: quello è il metodo da adottare. Se lo usassimo a riguardo dell’immigrazione, ad esempio, potremmo litigare furiosamente nello stabilire i margini di ciascuno in quanto a domanda di lavoratori qualificati e manodopera disponibile, così come potremmo accapigliarci sulle quote che a ciascuno spettano nella stabilizzazione di chi ha diritto a essere accolto (i profughi); potremmo baccagliare su come si stabiliscono i criteri per distinguere gli uni dagli altri e non ci risparmieremmo scontri feroci sulle metodologie per non rendere le frontiere né fosse con i coccodrilli né passerelle per chi entra già violando la legge; qualcuno andrebbe in minoranza, magari in un tempo i falsi buoni e in un altro i cattivi tromboni, ma avremmo una politica e potremmo considerare veramente comuni le frontiere esterne, piantandola con la surreale discussione su una delle cose migliori fin qui acquisite, vale a dire la libera circolazione interna.
Il metodo intergovernativo non ha solo fallito, ma è intrinsecamente fallimentare. Perché pretende di far nascere un governo comune e continentale dalla riaffermazione continua degli interessi particolari e nazionali. Non può che finire male. All’opposto, il metodo Bce funziona, al punto da suscitare entusiasmi anche in chi ne detestò l’esistenza stessa. Il che è vero e valido, ripeto, a prescindere dalla condivisione o meno delle singole scelte fatte (a mio avviso positive). Singolare, semmai, che si sia incarnato in banca, laddove dovrebbe dominare in politica. Questo potrebbe e dovrebbe essere il discrimine per portare le istituzioni europee fuori dal fosso nel quale sono precipitate. E se qualche membro, dissentendo, lo si dovesse perdere, sarebbe un male accettabile, visto che sarebbe una perdita in cambio di maggiore omogeneità e operatività. Cosa ben diversa dall’eventuale dissanguamento per inedia, favorito dalla crescita di movimenti antieuropeisti, a loro volta resi credibili dalla disomogeneità e non operatività dell’Ue fin qui realizzata.
Pubblicato da Libero