Attenzione alla mala fede della (presunta) buona fede. Il fisco è già materia dolorosa e ingarbugliata, sicché non si sente alcun bisogno d’imbrogliarla ulteriormente. Per giunta con la pretesa di semplificarla.
Sono stato fra i pochissimi che hanno difeso il senso del decreto legislativo approvato dal governo a Natale. Pur inorridendo per il successivo congelamento e trovando raccapricciante che alcune norme siano state inserite dopo il consiglio dei ministri, rendendo falso il verbale. Difendo la soglia del 3%, al di sotto della quale non scatterebbe il procedimento penale. Ma lo faccio senza ipocrisie e senza birignao inconcludenti: ha un senso se serve ad evitare il proliferare di processi in gran parte inconcludenti, spingendo il contribuente a pagare subito il dovuto. Ora, però, il presidente del Consiglio dice che varrà solo per chi evade in buona fede. Non ha alcun senso: chi è in buona fede, ovvero commette un errore, già oggi non viene punito penalmente. Il fatto è che se distinguo fra buona e mala fede occorre che ci sia qualcuno preposto a giudicare se quel singolo contribuente, per quel singolo importo non versato, si trova nella prima o nella seconda condizione. Quindi ci vuole il giudice. Quindi non c’è nessuna innovazione, perché è già così. L’innovazione sarebbe: sotto una certa soglia non me ne importa nulla se tu sei in buona o cattiva fede, paga (ammesso che tu debba pagare, perché se non è così farai ricorso avverso l’ingiunzione).
Questo è un favore a Silvio Berlusconi? Questa è una convenienza collettiva, perché diminuisce il contenzioso penale, noto per la sua lentezza, e potenzialmente aumenta il gettito fiscale. Se è un favore a qualcuno in particolare, semmai, è a quanti si ritrovano quel tipo di procedimenti penali da affrontare (e ci sono bei nomi), non a chi avrà già scontato la pena. (A proposito, e fra parentesi, quando Matteo Renzi dice, a Rtl 102.5, che solo poche decine sono gli italiani condannati a pena per questioni fiscali, si rende conto di solidarizzare con quanti sostengono essere anomala quella condanna, per giunta dopo l’assoluzione di chi stilò e firmò i bilanci incriminati?). E, comunque, se anche fosse: ma vi pare il modo di legiferare? Pro o contro che siano, le leggi per un solo caso sono riprovevoli.
Aggiungono, dal governo: non si può depenalizzare la frode. Ma lo sanno che nel medesimo decreto sono depenalizzate (entro limiti) le fatture false? E se non sono frode le fatture false non so cosa lo sia.
Rischiano di riprodurre l’errore del Job Act: a forza di dare un colpo al cerchio e uno alla botte si sfondano entrambe e, per i licenziamenti, si torna sempre dal giudice per sapere se sono legittimi o meno. Come oggi, tale quale. Mentre principi come il no al reintegro e il risarcimento crescente o il no al procedimento penale obbligatorio se hai pagato il 97% del dovuto, cambiano la realtà. Senza per questo regalare nulla a chi viola le regole. L’ipocrisia è cattiva consigliera. Mentre supporre che sia severo chi vuole il penale e accondiscendente chi pretende la pecunia, significa non sapere nulla, ma proprio nulla, della giustizia italiana. Le imprese estere che vogliono investire in Italia sono spaventate dalla malagiustizia, mica dall’idea che non si possa evadere (in quel caso vanno ad investire nei paradisi, non negli inferni fiscali).
Renzi ammise l’errore sulle partite Iva (con la triplicazione dell’aliquota sui minimi), che ha colpito proprio quei giovani che da una parte vengono spinti fuori dal lavoro dipendente e dall’altra stangati perché autonomi. Dice che il 20 sarà corretto. E’ lecito sapere come? Perché è perverso farti sapere cosa devi fare la sera prima di quando lo devi fare. Se non il giorno dopo. In questo senso il combinarsi dell’abuso di diritto e della dichiarazione precompilata stanno trasformando i commercialisti da professionisti pagati dai clienti per far da esattori dello Stato in esattori e accertatori al servizio del fisco. Il tutto cambiando le norme nel mentre quelli sono chiamati ad applicarle. Un condotta inaccettabile, certo non accompagnata da alcuna buona fede. Semmai da incapacità e dipendenza dalla cultura della burocrazia fiscale.
Pubblicato da Libero