Non si può certo dire che l’amministratore dell’Enel abbia usato toni sfumati: il prossimo inverno potrebbe essere buio e gelato, perché non abbiamo sufficienti riserve di gas per riscaldarci ed illuminarci. La colpa sarebbe del governo, che non sblocca la costruzione di nuovi impianti né autorizza un più massiccio
stoccaggio in quelli esistenti. Quando si parla delle colpe di questo governo, che non mi piace, ascolto con attenzione, ma non mi lascio fregare dai pregiudizi, e nelle parole di Conti ci sono cose che non tornano.
Tanto per cominciare c’era stato comunicato che non ci sarebbero più stati problemi d’approvvigionamento dopo l’accordo fatto con la russa Gazprom, avendo concesso, non lo si dimentichi, a quell’azienda controllata dallo Stato di commercializzare direttamente il gas in Italia. Poi c’è stato comunicato che il vero pericolo era il picco di consumi elettrici dovuti ai condizionatori d’aria, tanto più che s’annunciava l’arrivo dell’era torrida mondiale. Adesso l’estate è passata, ha fatto il caldo di sempre, e l’allarme si riaccende per l’inverno, magari paventando glaciazioni. Per quanto si possa umanamente comprendere il naturale istinto a mettere le mani avanti, non è apprezzabile che allarmi di questo tipo vengano lanciati ad una popolazione che, di suo, non può farci nulla.
Posto ciò, è vero che l’Italia manca di una politica energetica degna di questo nome. E proprio quando l’Enel annunciava trionfalmente i nuovi accordi sul gas eravamo noi, in solitaria, a richiamare l’attenzione sulla dipendenza italiana da fonti energetiche politicamente assai critiche. Eravamo noi, non l’Enel, a sottolineare che i programmi nucleari riprendono vigore in tutta Europa. La colpa di questa mancanza non è dell’Enel, ed ha a che vedere con una politica (non della destra o della sinistra, purtroppo, ma in generale) che ha vita troppo corta per potersi porre il problema di cosa succede fra dieci anni. Qui ciascuno tende a galleggiare e sopravvivere, figuriamoci se si affrontano problemi difficili, che richiedono capacità di spiegazione all’opinione pubblica e resistenza alle inevitabili opposizioni.
A questo s’aggiunga che è certamente vero il ritardo imposto da questo governo ad ogni nuovo impianto, con il risultato che non solo dipendiamo dal gas, ma senza i rigasificatori siamo anche costretti a dipendere da due soli fornitori. Ciò non di meno non me la sento di dire che l’allarme lanciato è giusto e fondato, perché sarebbe tale se non arrivasse dopo anni di dichiarazioni di segno opposto. Il problema energetico italiano non è relativo alla scorsa estate od al prossimo inverno, ma è permanente e richiede politiche lungimiranti.
Leggo, con l’occasione, che alcune scelte dipendono dalle commissioni ministeriali. In particolare quella tesa a stabilire quanto gas può starci dentro un determinato sito. A noi ignoranti sembra che una simile decisione abbia una percentuale altissima di tecnicalità ed una bassissima di politicità. Ma la commissione è presieduta da Stefano Rodotà, gia presidente del ds, poi garante della privacy, giurista di valore, che il gas, nel migliore dei casi, lo conosce perché ci cucina. La solidarietà fra amici, il bisogno di non lasciare nessuno senza un qualche incarico ministeriale, anche se bislacco e sgangherato, è commovente, ma non è difficile prevedere quale degrado attende un Paese che così si regola.