Economia

Fumogeni

editoriale giacalone 29 settembre 2023

Si è scelto di non scegliere. Le previsioni economiche – un po’ come tutte le previsioni, metereologiche comprese – sono belle quando sono azzeccate. Ma siccome nessuno può saperlo in partenza, ci sono due modi per regolarsi e annunciarle: i governi che pensano di durare e realizzare solitamente sottostimano la crescita, consegnano un quadro previsionale positivo ma non giulivo, in modo da potere poi fare un consuntivo migliore del previsto e prendersene il merito; diversamente, quando temono gli ostacoli immediati più di quelli futuri, tendono a sovrastimare la crescita, in modo da sottostimare deficit e debiti futuri, tanto al consuntivo daranno la colpa alla congiuntura. I primi guardano al futuro, i secondi al presente.

La Commissione europea, all’inizio di settembre, ha reso note le previsioni economiche Ue. Le commentammo e non le ripeto, ma è rilevante il dato che ci riguarda: vedevano una crescita italiana pari al +0,9% nel 2023 e al +0,8% nel 2024. Dopo meno di un mese ecco le previsioni del governo italiano: +0,8% nel 2023 (quindi meno della previsione europea) e +1,2 nel 2024. Quindi non soltanto è un terzo più alta della previsione europea, ma in accelerazione rispetto al rallentamento. Sarà il tempo a stabilire chi vede meglio, ma è in quello presente che si deve valutare la credibilità della previsione governativa. E non è alta. Se poi si osserva che – solo ove quella più generosa previsione fosse esatta – il debito calerebbe di pochissimo (da 140,2% a 140,1% del Pil) e il deficit non scenderebbe comunque abbastanza (dal 5,3% di quest’anno al 4,3% del prossimo), si hanno due cattive impressioni: a. che quella maggiore crescita serva a nascondere il crescere del buco; b. che la maggiore spesa in deficit fa crescere il debito, ma ha scarsi riflessi sulla crescita economica. E questo stando ai numeri del governo, non a quelli (inesistenti) dei suoi nemici.

Il brutto è che a tali risultati si è giunti dopo un fuoco di sbarramento aperto dal ministro dell’Economia e dalla stessa presidente del Consiglio, deprecanti le richieste impossibili. Quindi sono da considerarsi frutto di un certo rigore, sebbene producano un parziale sbracamento. Il governo, insomma, non ha scelto di mettersi in quella condizione, ma non ha saputo evitare di trovarcisi. Non ha scelto, come prova ora a raccontare, una linea ‘prudente’, ma ne ha tracciato una ‘esitante’. Che è sempre meglio di ‘cedente’, ma si ha il dubbio che serva a poco.

Serve ancora meno sperare di far credere che la responsabilità di tale situazione sia di altri e non nostra. Può crederci qualche elettore sovranista, possono crederci tanti o tantissimi elettori sovranisti, ma tutti costoro affideranno i loro risparmi a chi non ci crederà mai. Le Banche centrali non fissano il tasso d’interesse che, altrimenti, sarebbe uguale per tutti i clienti e per tutti i Paesi: fissano il tasso di sconto (praticato alle banche). Il tasso d’interesse lo fissa il mercato. Noi paghiamo più di tutti in Ue, anche più della Grecia. Perché il loro debito è più alto in rapporto al Pil, ma scende secondo le previsioni. Il nostro no. Ora andiamo a dire che scenderà ancora meno, sempre ammesso che si cresca più di quanto gli altri prevedono, altrimenti lieviterà. Quale credete sarà la conseguenza? Minimo che i nostri titoli del debito pubblico dovranno pagare di più. Ma può anche capitare che qualche agenzia di rating si metta avanti con il lavoro. E lì sarebbero dolori seri. Si aggiunga che abbiamo dato prova di giocherellare a casaccio con mercati e tassazioni, come su voli aerei e banche, e che abbiamo fatto del Meccanismo europeo di stabilità – ratificato da tutti – un fantoccio surreale.

Il governo non ha scelto, ma adesso non ha scelta: non sono concessi errori (neanche marginali) sul Pnrr e non è concessa una legge di bilancio che sposti di un capello la linea del non-rigore delineata nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. Fare gli sgravi fiscali in deficit è prendere in giro l’umanità, non rispettare gli impegni. Posto che chi ci crede è colpevole quanto chi ci prova.

Davide Giacalone, La Ragione 29 settembre 2023

www.laragione.eu

Condividi questo articolo