Economia

Garantiti e disoccupati

Garantiti e disoccupati

La firma del protocollo per la riforma della contrattazione è un fatto positivo, rientrante nel capitolo delle innovazioni strutturali, apparentemente immateriali, di cui si ha urgente bisogno. Una delle novità riguarda il modello unico contrattuale per il settore pubblico e per quello privato, quel che vale da una parte, insomma, vale anche dall’altra. Un bel passo in avanti, ma non significa che si cancellano le differenze, che non solo restano, ma meritano d’essere meditate attentamente.
Il settore pubblico non è esposto al mercato, quello privato sì. Nel settore privato molti perderanno il lavoro, nei prossimi mesi, in quello pubblico no. I dipendenti pubblici hanno, mediamente e negli scorsi cinque anni, guadagnato potere d’acquisto reale, più dei privati. Pertanto i pubblici arrivano sul ciglio della crisi senza rischiare la sicurezza e potenzialmente avvantaggiandosi della deflazione. Se ai dipendenti pubblici si sommano i pensionati si descrive il perimetro di un’Italia vasta, che vive di trasferimenti e, sebbene non ricca, sicura. Ciò, con il mordere della crisi, potrebbe scatenare un conflitto d’interessi con l’Italia esposta alla concorrenza, più povera ed insicura. Sarebbe assai pericoloso, ma non accadrà.
In realtà i confini dell’Italia protetta sono netti, ma chi li abita si trova poi in tantissime famiglie, forse quasi tutte, a convivere con i rappresentanti di quella non protetta. Diciamo che i redditi familiari si compongono delle due parti, quindi sono in equilibrio, anche politico. Tutto bene? Affatto, perché il conflitto sarà generazionale: i più giovani sono fregati. Quando muore il nonno loro diventano più poveri, non avranno il posto protetto dello zio e non debutteranno nella professione senza concorrenza internazionale, come il padre. Per loro sarà decisiva la qualità umana, l’istruzione, mentre ne ricevono una non competitiva. Presto o tardi, se ne accorgeranno.
La protezione di cui gode il settore pubblico deve, allora, accompagnarsi ad uno scambio sociale, che restituisca qualità e produttività. Altrimenti lo squilibrio rompe il vaso della convivenza. La lotta contro l’assenteismo è solo un primo passo. Per taluni è sembrato essere già troppo, ma è ancora poco, se si vuole utilizzare la spesa pubblica come volano della ripresa.

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