La causa del crollo dei titoli bancari non va cercata nelle banche. Quelle stanno come stavano. Con debolezze e punti di forza. Sono le stesse che hanno superato i test della vigilanza europea. I loro bilanci sono meno tarlati di certi presunti campioni europei. La causa del crollo va cercata nella convinzione che l’Italia, e per essa il suo governo, non sia in grado di difenderle. Non sia in grado di fare fronte alle proprie vulnerabilità. Qualche cosa di molto simile a ciò che accadde dopo l’aggressione ai debiti sovrani (2011). Allora si invocò di “fare presto”. Oggi non c’è alcuna ragione per prendersela comoda.
Allora fummo fra i pochi a mettere in fila gli elementi di forza dei conti italiani, il nostro non avere mai mancato di pagare i debiti (al contrario dei tedeschi), l’avere un debito aggregato che, in rapporto al patrimonio, ci mette ai vertici della solidità europea. Ci dicevano che era propaganda, invece erano numeri. Ma non in grado di bloccare l’attacco, fino a far apparire (ed era il colmo) l’Italia più fragile della Spagna. Tale percezione era dovuta al fatto che il governo di allora (Berlusconi) era spaccato al suo interno, proprio sui temi economici, aveva perso la maggioranza, cui sopperiva con afflussi che erano reflussi, era fiaccato da altri guasti e aveva rotto le scatole, sicché a taluni piaceva spodestarlo. Ma non bastò (si tende a dimenticarlo), perché sotto Mario Monti lo spread tornò ai massimi. Ci volle la Bce. Il tutto, ripeto, partiva dal nostro debito pubblico enorme, ma s’innescava con la convinzione che non avremmo potuto difenderlo.
Oggi la scena è simile. Le nostre banche non entrano in crisi per il bail in. Chi lo sostiene dovrebbe avere la cortesia di dire in cosa, il nuovo, sarebbe diverso dal vecchio sistema. Vigente il regio decreto, del 1936, le banche non potevano fallire, ma in Repubblica sono state salvate dalle altre banche (esistendo le tre “statali”, comunque). Il fatto è che qui nessuno salva più nessuno, perché 200 miliardi di crediti che non tornano e 150 che soffrono stroncano le gambe degli eventuali soccorritori. Il tema non è il bail in, ma la bad bank. Lo si sapeva anche prima, ma solo da poco abbiamo tutti potuto vedere che il governo non esita a gettare le colpe sul groppone della Banca d’Italia (per un caccola come Etruria, ove il nervosismo è più per gli affetti che per gli effetti), e solo da qualche giorno vediamo volare insulti fra il governo e la Commissione europea. Senza concordia e coordinamento, però, la bad bank non si riesce a fare. O, meglio, la può fare solo la troika, se si vuol metterla in conto allo Stato. Gli squali osservano i croceristi, vedono che la nave ha una falla, che le scialuppe non si possono sganciare e che il capitano ha mandato a stendere quelli della capitaneria, dicendo loro di farsi gli affari propri, così aprono le fauci e s’apprestano alle libagioni.
Bestiacce, gli squali. Insopportabili, quelli della capitaneria. Ma fessi assai, quelli della nave. E’ l’impressione che preferiscano litigare e scaricarsi vicendevolmente le colpe, anziché difendersi, a indurre i predatori ad affilare i denti. Spero che questa storia non si debba raccontarla come la precedente. Certo, però, se proprio non volete fare presto, almeno fatela finita.
Pubblicato da Libero