L’autolesionismo italico non teme rivali, sicché non passa giorno senza che ci si ricordi quale danno arrechi all’Italia lo sfigurare in questa o quella classifica. Alcune sono alimentate dalle voci che noi stessi mettiamo in circolazione. Nella generale lamentazione, naturalmente, la politica e i politici occupano permanentemente le prime posizioni. A fronte di ciò ci viene spesso ricordato che occorrerebbe mettere il governo e le nostre sorti nella mani di competenti, gente apprezzata, naturalmente onesti, come se esistesse una tecnostruttura geneticamente diversa dal resto dei connazionali. Ecco, a chi sostiene queste cose, vorrei fare una domanda: avete idea del danno che ci sta facendo l’ottusa resistenza di Lorenzo Bini Smaghi, che rifiuta di dimettersi dal board della Banca Centrale Europea?
Quando dal ministero dell’istruzione esce un farneticante comunicato stampa, teso a complimentarsi per il favoloso tunnel che collega Ginevra al Gran Sasso, son tutti pronti a far spirito di patate (nulla può essere più divertente dell’aver concepito quel testo) o a moraleggiare, ma poi si tace davanti al caso di un signore che ha una collocazione, certamente importante e prestigiosa, grazie a una nomina e che non intende mollarla se non gli si offre qualche cosa d’allettante in cambio. E’ una scena d’impareggiabile miseria umana, che ci espone alle critiche dei francesi (quel posto spetta a loro, visto che hanno perso il presidente, rimpiazzato da un italiano), proprio nel momento in cui noi critichiamo loro perché provano, in accordo con i tedeschi, a farci fuori dalle decisioni che contano.
A leggere i giornali sembra che la faccenda possa risolversi provando ad offrire a Bini Smaghi la presidenza di qualche autorità, se non addirittura il posto di governatore della Banca d’Italia, in questo modo risolvendo il conflitto in corso e scegliendo la strada di non scegliere (che equivale a non esistere, in politica). Non è escluso che qualcosa avrà, anzi: è largamente probabile. Ma nel celebrato mercato, nelle libere contrattazioni fra privati, dove vige la libertà di scelta e si combatte contro le rendite monopoliste, in quel mondo che certi signori provano ad insegnare senza mai praticare, uno che si comporta così riceve una sola offerta: prego, si accomodi fuori dalla vista. Non è affidabile. E se è bene ricordare alla politica, che in queste ore sta dando uno spettacolo straccione, che esiste la dignità e l’interesse nazionale, non vedo perché non si debba ricordarlo anche all’arroganza di chi pensa a sé e dimentica il resto.
L’obiezione può essere una sola: l’inamovibilità dei consiglieri è garanzia della loro indipendenza, sicché costringere Bini Smaghi alle dimissioni può essere un grave precedente, laddove si stabilisce che una pressione nazionale prevale sulla qualità professionale. E’ respinta: nessuno discute la sua indipendenza, anche perché non si ha idea in cosa mai si sia incarnata. Ricordo che quando gli è stato fatto presente di dovere andare via fece una dichiarazione tesa a sottolineare che le banche italiane sono sottocapitalizzate. Questa non è indipendenza, è incoscienza. Il suo posto non serve a cambiare politica, ma ad acquisire la presidenza senza che la Francia resti fuori. Quindi deve fare una sola cosa: scollare.
Avrebbe dovuto farlo da tempo, si affretti. Ogni minuto che passa testimonia di quanto sia stato sbagliato mandarcelo (correva l’anno 2005 e governava Berlusconi). E, in ogni caso, se questi sono i tecnici cui affidarsi, che Giove protegga Scilipoti (e noi da lui).