Economia

Il Piano delle frequenze

Il Piano delle frequenze

Il Piano delle frequenze, predisposto dall’Autority presieduta dal prof. Cheli, tanto atteso e tanto annunciato, è una presa per le chiappe.

Il Piano delle frequenze dovrebbe essere la puntuale elencazione, frequenza per frequenza ed emittente per emittente, di ciò che viene ritenuto compatibile ed assegnabile.

Così come un Piano Regolatore è la puntuale individuazione delle aree di sviluppo di una città, con tanto di lotti su cui si può edificare ed indicazione dei metri cubi realizzabili. Il risultato immediato di un simile Piano dovrebbe essere la consegna delle concessioni a chi ne ha diritto, il rigetto della domanda di chi non ne ha diritto. Chi ha diritto continua a lavorare, chi non ha diritto chiude.

Un Piano di tal fatta comporta delle complicazioni, fra le quali : a) spiegare perché le reti nazionali debbano essere meno di quelle già oggi in attività; b) spiegare perché le reti locali debbano essere meno di quelle oggi in attività. Se, al contrario, nel Piano si trova spazio per tutti, se si confermano in vita la miriade di televisioni locali che rendono antieconomico un mercato altrimenti interessante, allora tanto vale non fare nessun Piano, comperare un paio di soffici pantofole e mettersi a guardare la televisione che c’è.

L’Autority ha scelto una strada diversa, ha pianificato l’immaginario. Ha redatto un piano che non si occupa del mondo nel quale viviamo, ma di quello in cui sarebbe bello vivere (in cui, però, preferiremmo non avere Autority). Se il piano messo a punto dovesse trovare immediata applicazione l’Italia si trasformerebbe in un gigantesco cantiere radioelettrico : tanti omini che vanno in giro per i pizzi a spostar tralicci; e tanti altri omini che, sui tetti, si industriano a seguire i primi nei loro bizzarri spostamenti. Alla fine di questo interessantissimo ed entusiasmante giuoco di società, ciascuno vedrà meno televisioni di quelle che poteva vedere prima. Bello, no?

Siccome l’Italia è un paese fantasioso, ma non la patria dei citrulli, ci permettiamo di supporre che le cose andranno diversamente. Ad un certo punto si dirà che cotanto piano è strepitosamente bello, ma si riferisce all’uso delle frequenze con tecnologia digitale. Il che significa che gli omini di cui sopra dovranno comunque mettersi all’opera, le emittenti dovranno comunque sborsar quattrini, ma, alla fine, vedremo più televisioni di prima e le vedremo meglio, dove prima stava una singola emittente, ora ce ne starebbero quattro. Il che sembra essere apprezzabilmente ragionevole.

Ma se così andranno le cose, allora sono balle quelle che tutti i giornali italiani pubblicano con pappagallesca vocazione : qui non chiude nessuno, si attende solo che sia diffusa una tecnologia di trasmissione diversa. Ed è bene che sia così, dato che ogni altra condotta sarebbe figlia del sadismo schermicida, non certo della convenienza pianificatoria.

Il Piano dell’Autority, pertanto, non è quella roba di cui tutti parlano, ma una cosa diversa. Sarebbe ingeneroso non complimentarsi per tanta capacità dissimulatoria, per tanta vocazione a prender per il naso gli osservatori. Un solo appunto, se mi si permette : si lasci perdere l’idea che le concessioni verranno date entro il 31 gennaio 1999, la si smetta di ripeterlo. Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, e dare fra tre mesi le concessioni relative ad un sistema televisivo che ci sarà fra cinque anni rischia di ricadere nella pontificia condanna dei culti New Age.

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