La procedura d’infrazione per deficit eccessivo è sgradevole ma non preoccupante. In altre parole è un problema, ma non è il problema.
La procedura d’infrazione per deficit eccessivo è un problema, ma non è il problema. Il nostro deficit – eccessivo – era l’anno scorso al 7,4% del prodotto interno lordo, quello francese è al 5,5%. Il nostro debito pubblico viaggia verso i 2.900 miliardi, quello francese ha già superato i 3.100 miliardi (ma loro hanno un Pil superiore al nostro e in peso percentuale ci supera solo la Grecia). Questo per ricordare, ancora una volta, dove possono appoggiarsi gli interessi italiani.
La procedura d’infrazione, relativa alle regole di bilancio comuni europee, è sgradevole ma non preoccupante. Il meccanismo di rientro è lento e non pesante. Il punto è che la legge di bilancio – da presentarsi a settembre – deve fermare, come promesso, la crescita del debito: quindi basta con gli annunci che poi paga il contribuente. Non si deve essere esperti di economia, basta mettersi davanti alla televisione e non distrarsi durante la pubblicità: oramai si reclamizzano sconti fiscali e bonus. La Banca d’Italia certifica quello che diciamo da prima che quella scempiaggine fosse varata: il bonus 110% è costato più di quello che ha generato. Anziché il moltiplicatore s’è attivato il sottrattore. Se si vuole fermare questa roba è necessario che si sia tutti consapevoli che generare deficit e debito che non innescano crescita produttiva è una gran fregatura per gli italiani, non per Bruxelles.
Prendiamo in esame i dati relativi ai finanziatori del debito, a quanti comperano i titoli che lo alimentano (Bot e compagnia). Le famiglie finanziano il 13,4% del debito, crescendo dal 9,6% del 2022. Bene, un segno di fiducia, ma con un risvolto: ci impoveriamo tutti per pagare gli interessi a quelle famiglie che diversificano i loro risparmi e investono anche sul debito pubblico. Giusto che siano ripagate, ingiusto che avvenga a spese di chi non ci guadagna e vede la spesa per l’istruzione largamente sotto quella per gli interessi.
Il debito pubblico italiano è comperato dall’estero per il 27,6%. Attiriamo pochi investitori. Il professor Marco Fortis giustamente sottolinea che il debito francese è in mani straniere per il 50,5% mentre quello tedesco per il 45,2%, dal che discende che noi siamo meno dipendenti dall’estero. Sì, ma discende anche che una quota decisamente più alta del nostro risparmio finisce in spesa pubblica per pagare gli interessi – il che non favorisce certo la crescita – mentre francesi e tedeschi sono considerati più interessanti di noi nel rapporto fra guadagno atteso e rischio del prestito. Non una bella cosa.
Se lo Stato assorbe così tanta liquidità e ha in programma di assorbirne sempre di più, non fa pagare il costo dei mancati servizi e del mancato sviluppo – anche per mancanza di risparmio da mettere al servizio della produzione – ai ‘burocrati europei’ ma ai cittadini italiani che si comportano onestamente con il fisco. Approfittiamo della campagna elettorale francese e guardiamo come ci si sfida per raccogliere voti: promettendo spese impossibili. In pratica prendono per boccaloni i francesi che ci credono. Evidenza che non cambia stabilendo se sono di destra o di sinistra: credono all’impossibile. Se questo è l’andazzo, in Italia sperimentato e messo in atto da tempo, le conseguenze saranno negative e si genererà la concordia all’italiana: il Partito unico della spesa pubblica.
Domani si riunisce il Mes, cui noi aderimmo e che blocchiamo. Dice il ministro Crosetto: è sbagliato e ne voglio uno diverso. Già, ma quello che considera sbagliato fu adottato dal governo Berlusconi e loro c’erano. E non è detto che la contessa incontri sempre Ambrogio, quando chiede quel che non sa nemmeno cosa sia.
Ma non si può fare a meno di tutto questo? Mandiamoli a pascolare e facciamo da soli. Si può: abbiamo un debito che si aggira intorno a un terzo del patrimonio liquido delle famiglie, si prende il terzo e si chiude la partita. Orrore? Sicuro, ma allora basta fesserie sull’infrazione e si capisca che il problema è lo squilibrio italo-italiano.
Davide Giacalone, La Ragione 19 giugno 2024