Economia

InStabilità

InStabilità

Grazie al Meeting di Rimini, adesso è più chiaro: ciascun ministro va per i fatti propri, espone i desiderata spendaroli del proprio dicastero – naturalmente retti dai più nobili propositi – e non ragionano come se il governo fosse uno solo. Compreso, purtroppo, il ministro dell’economia, il quale espone il proprio problema di non sfondare troppo i conti, ma non dispone di una politica di bilancio che abbia un indirizzo univoco. Come non bastasse, dopo essere stato eletto nelle liste di un partito che vantava l’abbattimento (fasullo) della legge Fornero e il ritorno alle regalie, dice che non si può continuare a regalare porzioni di pensioni. E subito dopo le sue parole si è di nuovo a parlare del costo di quota 41 o 103, vale a dire altre agevolazioni pensionistiche. Parlano, ma non si ascoltano.

Nel mentre si promettono più pensioni si provvede anche a promettere sostegno alla natalità. Tema sul quale si segnala un insidioso contagio bipartisan del linguaggio, con tanta gente che “mette al centro” qualche cosa, non sapendo come tenercelo. L’ultima, sul fronte natalità, sarebbe quella di far scendere al 15% il prelievo sugli utili delle aziende (Ires) che assumano madri di almeno tre figli. A rigor di logica, però, una misura simile non incentiva, bensì premia la maternità. Che è una cosa diversa. Per rendere le cose più facili alle famiglie si veda al capitolo asili, scuole e impianti sportivi del Pnrr. Ma di quello non vuole più parlare nessuno. Anche lì: a forza di volere la “messa a terra” (ma come parlano?) è il pensiero che gattona al suolo.

Lasciamo perdere la logica: dunque si fa uno sconto alle aziende che assumono le plurimamme. Bello, ma la differenza del prelievo comporta una eguale diminuzione della spesa (nel caso indicare quale) o uno spostamento su altri del carico fiscale? Ed è a questo punto che passa l’altro ministro e dice: taglieremo il cuneo fiscale. Alla grande, quindi ci saranno soldi per i pensionandi, per le aziende che assumono plurimamme e, al tempo stesso, si limerà il prelievo contributivo, naturalmente non alzando la pressione fiscale. I soldi chi li mette? Perché queste sono spese correnti che si ripetono anno dopo anno, il che esclude si possa rispondere che i soldi si prenderanno alle banche, perché il decreto parla di un solo anno e c’è pure l’ipotesi emendativa del credito d’imposta, vale a dire che oggi me li dai e domani te li restituisco. Quindi quei soldi non coprono un bel niente. Chi li mette?

Allargando il deficit e aumentando poi il debito? Tale dottrina ci ha reso il Paese che spende di più per pagare il costo del debito, impoverendoci. Ma è dottrina con le ore contate, perché il primo gennaio 2024 torna in vigore il Patto di stabilità Ue, nella sua vecchia versione. A meno che non si approvi una modifica, sulla quale è aperta la discussione: la Commissione propone negoziati diretti con i Paesi che sforano; Germania, Olanda ed altri sono per soglie di rientro automatico. La posizione italiana è: non mettiamo gli investimenti nel conto e dateci elasticità. Ma soldi per investimenti ne abbiamo già più di quanti si riesca a utilizzare, mentre l’elasticità pluripartisan si slabbrò in sbarco. Avverte Fitto: se non si fa la riforma del Patto finiremo nei guai. Vero, il che, essendo noi il Paese più finanziato da Ngeu, comporta una ferrea disciplina nell’uso profittevole di quei fondi -mentre siamo ancora ai negoziati di rimodulazione- e l’efficienza degli eventuali (il cielo non voglia) strumenti di salvataggio. Epperò, diamine, siamo anche i soli a non avere ancora ratificato la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, che è sicuramente migliorabile, ma è altrettanto sicuro che non lo sarà se prima non in vigore.

L’Italia è un Paese forte, i nostri produttori funzionano, le esportazioni vanno molto bene. L’instabilità ce la creiamo per l’incapacità di fare i conti con quella realtà che i produttori (veri) vivono ogni ora. L’instabilità di ministri che parlano ognuno per i fatti propri.

Davide Giacalone, La Ragione 24 agosto 2023

www.laragione.eu

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