Economia

La crepa

La crepa

Nei cieli d’Italia il tempo è quasi fermo, consumandosi riti lunghi e dagli esiti oscuri. Nei cieli d’Europa il tempo ha preso a correre, perché la decisione cipriota di rifiutare il diktat espropriatorio pone due questioni immediate e decisive: a. se i tedeschi esitano cade il bluff; 2. se la Banca centrale europea corre in soccorso della banche cipriote l’Unione europea passa dall’essere microcefala allo scoprirsi bicefala, nel senso che l’Eurogruppo va da una parte e la Bce dall’altra. La sorte italiana dipende direttamente da queste partite, anche se a Roma se ne gioca una del tutto diversa, in un campetto parrocchiale.

I mercati non hanno preso il voto parlamentare di Cipro come l’annuncio della fine dell’euro, semmai come la premonizione che gli equilibri consolidati si sono incrinati. Tant’è che gli spread spagnolo e italiano ne hanno risentito in maniera marginale, mentre è quello francese a segnalare il pericolo. Se cade la forza della copertura tedesca, fin qui garantita alle banche francesi, sono loro a correre i rischi maggiori. I loro conti sono in largo disordine, mentre il nostro deficit è da molto tempo sotto controllo. Il loro governo è stabile per ragioni istituzionali, mentre il nostro è istituzionalmente debolissimo, ma in quanto a consenso politico e popolare è una bella gara, a chi ne ha di meno. I tedeschi, del resto, si trovano nella condizione in cui si trovarono in Grecia: le loro banche sono le più esposte perché sono quelle che di più hanno speculato. Con i greci passò la linea che a pagare dovessero essere non gli speculatori, ma gli abitanti, mentre i ciprioti sono ancora più piccoli, ma meno disposti a subire. Anche perché è vero che le loro banche ospitano prevalentemente capitali stranieri, attirati dal fatto che l’isola è un offshore interno all’area dell’euro, ma è anche vero che non solo era tale già il giorno dell’ingresso (2007), non essendo escluso che proprio per quello siano stati accolti a braccia aperte.

I governi europei sono stati ridotti nel loro peso politico, aumentando quello tedesco, ma la Bce è l’unico luogo d’Europa dove i tedeschi si trovano in minoranza. Se questa situazione prende maggiormente corpo si potrà considerarla una svolta. Gravida di conseguenze. Intanto perché assistiamo a due fenomeni: da una parte la Bce prende la guida di una vera e propria linea politica, essendo la meno “democratica” (non parlo di legittimità, che è concetto diverso) delle istituzioni; dall’altra proprio quella prevalenza serve a ribadire che non può esistere un’area monetaria che non sia anche un’area bancaria. Quindi banche europee, ma anche vigilanza europea. La vittoria di questo principio, più che giusto, sarebbe la sconfitta della linea tedesca.

Rimane il problema democratico, però è difficile non vedere che si costruisce più Europa dagli uffici della banca che non dalle riunioni del Consiglio dei capi di Stato e di governo. E noi italiani, esposti in India per nostra colpa, ma pur sempre abbandonati dall’inesistenza di quale che sia consistenza internazionale dell’Ue, anche a fronte della violazione delle più elementari prerogative e garanzie di un nostro diplomatico, possiamo ben valutare quanto, invece, si dimostri effettiva l’esistenza della Bce.

Partita apertissima, quindi, ma vera. In tutto ciò non dimentichiamo la condizione delle nostre banche, che svolgono sempre meno il ruolo di erogatrici di credito anche a causa del loro striminzito valore patrimoniale. Per chi non lo avesse capito, il sistema delle fondazioni, utilizzato per mantenere il controllo nelle mani dei piccoli interessi provinciali e in quelle di politicanti rionali, ha le ore contate. O cessa quello o si strozza definitivamente il credito. Superiamo in qualche modo il vuoto istituzionale e rimettiamoci al lavoro, che il futuro prossimo, usando il cervello e il cuore, è migliore del presente. Per non dire del passato prossimo.

Pubblicato da Libero

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