La scena racconta di un Parlamento greco che riduce le pensioni, aggrava il fisco e taglia la spesa, nel mentre la piazza insorge e fa esplodere la protesta. Ma è una scena ingannevole, perché va raccontata anche l’altra faccia della medaglia: la maggioranza, risicatissima (153 su 300) regge e non perde un voto, non solo perché non ci sono alternative, ma perché la Grecia ci guadagna. Quelle misure sono propedeutiche all’arrivo di nuovi aiuti. Basti citare un dato: sono in arrivo altri 5 miliardi, destinati a propiziare il pagamento dei 3.5 miliardi di debiti in scadenza a luglio. Si evita di tornare sull’orlo della bancarotta, ma si presta più del necessario. Per chi incassa, un buon affare. Per quel che riguarda la terza parte degli aiuti, per 86 miliardi, ieri l’Eurogruppo ha aggiornato la discussione al 24 maggio.
Quanti si sgolano nel sostenere che il rigore finanziario non porta da nessuna parte punteranno agevolmente il dito verso l’aumento dell’Iva, dal 23 al 24%, la riduzione a 9.100 euro del tetto ai redditi esentasse, la promessa crescita delle aliquote Irpef per i redditi più alti e il taglio, per 1.8 miliardi, alla spesa pensionistica. Quanti, all’opposto, sostengono che senza un po’ di sano rigore ci si limita a proseguire nello scialacquamento, a sua volta volano del debito, propiziatore del default e impoveritore dei popoli, potranno agevolmente indicare altre evidenze: non hanno tagliato le pensioni, il 90% degli assegni è protetto, hanno colpito gli assegni supplementari, mentre continuare ad alimentare redditi prodotti dalla spesa pubblica, senza che a quelli corrisponda la produzione di alcun bene o servizio, non è un modo per crescere, ma per esplodere. Nel mezzo ci trovate Alexis Tsipras, un tempo estremista, ora realista: il nostro sistema pensionistico è ingestibile, se non lo riformiamo; finalmente vedremo scendere il nostro debito, lavorando al risanamento e al rilancio della Grecia. Si è opposto a una richiesta del Fondo monetario internazionale, che voleva tagli alla spesa per altri 2 punti di prodotto interno lordo: se mancheremo l’obiettivo di un consistente avanzo primario (noi italiani siamo primatisti europei) taglieremo dopo.
Quale scena va guardata: quella dei tagli e delle piazze o quella dei finanziamenti e del governo? Entrambe troppo colorate. Per vedere meglio si deve guadagnare distanza e non perdere la memoria: la Grecia non sarà lasciata al suo destino e sarà aiutata, non escludendosi nemmeno una ulteriore ristrutturazione (leggi taglio, abbuono) del debito, ma il presupposto di questo, affinché non salti il resto degli equilibri europei, è che i greci restituiranno quel che è stato e sarà prestato loro. Non ci crede nessuno, ma crederci è il solo modo per andare avanti.
La sostanza è che nessuno dei problemi veri è stato risolto, non si sono prese decisioni atte a stabilire quando e come gli altri paesi dell’euro intervengono a salvarne uno che s’approssima al (o è palesemente in) default, né si è stabilito come e quando l’impossibilità di restare nella stanza privilegiata dell’euro si traduce in una uscita. Si è solo preso e comprato tempo. Che, per carità, può essere una scelta saggia, utile ad operare senza i dolori e i pericoli di una crisi acuta, ma ha anche un difetto (che i tedeschi non si stancano di sottolineare): induce a credere che si possa tirare a campare, senza nulla cambiare. I greci e Tsipras hanno dimostrato d’essere consapevoli che no, non si può fare. Non hanno molto altro da offrire, quindi, realisticamente, occorre comprare altro tempo.
Noi italiani dovremmo guardare con attenzione, senza buttarci subito a polemizzare, fra quanti guardano solo la prima scena e quanti solo la seconda. Noi non abbiamo avuto i sostegni dei greci (non eravamo in bancarotta!), ma le politiche monetarie della Banca centrale europea ci sono state di grandissimo aiuto e sono la base su cui poggia il ritorno della crescita. Se, però, rimane inferiore alla media europea, se è imparagonabilmente più bassa di quella registrata da paesi che hanno avuto botte recessive paragonabili alla nostra, è perché a quella base non se ne sono affiancate altre. Tante chiacchiere e ben poca sostanza.
Il tempo, però, non potrà essere comprato all’infinito. Il costo di quello greco è una minuzia, rispetto a quanto si sta investendo per comprare quello degli altri europei, il nostro in testa. Se lo usiamo per litigare su altre faccende, niente affatto decisive e alcune ininfluenti, il risveglio sarà doloroso. E non servirà a nulla far esplodere la protesta, perché protestare contro la propria inconcludenza è inconcludente.
Pubblicato da Libero