Gli imprenditori investono per creare ricchezza e guadagnare, quando dicono di farlo per il bene dell’Italia è bene alzare il sopracciglio e farsi sospettosi. Invece capita che i malumori sorgano a seconda di quale sia il colore del governo con cui si concordano gli affari. Prendete il caso di Roberto Colaninno: scalò
Telecom Italia in aperta violazione delle regole con cui era stata privatizzata e in non meno aperta consonanza con il D’Alema che sedeva a Palazzo Chigi, ora che s’appresta a prendere (con molti altri) Alitalia, capita che nella sinistra lo si guardi storto. In Telecom, del resto, lo stesso Colaninno sarebbe voluto restare, quindi non si può accusarlo d’avere fatto un’operazione mordi e fuggi. Ma il risultato della sua gestione fu disastroso, come le correzioni di bilancio, successivamente operate, certificano. Rispetto ad oggi, però, ci sono molte differenze: Telecom era un gioiello multinazionale, Alitalia un bollito regionale.
Gli imprenditori si occupano di politica in tutto il mondo libero, seguendo da vicino il legislatore e tentando d’influenzarlo con attività di lobbying (la “lobby” è l’anticamera del parlamento inglese, dove, appunto, s’affollavano gli interessati). Gli affari si fanno anche tenendo conto del governo e dei suoi orientamenti regolatori e fiscali. Quel che non è normale è concludere affari avendo il governo come controparte, il che capita quando si deve amministrare l’eredità di un mercato ove è troppo grande la presenza dello Stato. Un tempo indirizzata, con successo, allo sviluppo, poi destinata al mantenimento di clientele ed insuccessi.
L’operazione Fenice, destinata a salvare Alitalia dal già avvenuto fallimento, sta nella terra di mezzo: non è più statalista e non è ancora di mercato. Per l’Italia, però, non è né possibile né conveniente essere sempre un’eccezione, un animale misto. Così facendo ci marginalizziamo. La Fenice, dunque, dovrebbe risorgere da acque stagnanti, in un Paese che preferisce la propria pozza a correnti e venti dei mari aperti, salvo consegnare, con complicità, i gioielli ai pirati. L’operazione è oggi necessaria, speriamo che non abbia visto giusto il librettista Da Ponte, che per Mozart scrisse: “E’ la fede delle femmine come l’araba Fenice, che vi sia ciascun lo dice, ove sia nessun lo sa”.