Economia

La Fiat, le banche, la politica

La Fiat, le banche, la politica

Un coro di applausi saluta l’arrivo di Luca Cordero di Montezemolo alla presidenza della Fiat. Un coro che è già un segnale, che ha già un significato. Ci sono, difatti, almeno tre buoni motivi per guardare alla cosa con meno entusiasmo. Primo: l’arrivo di Montezemolo si accompagna, e provoca, l’uscita di Giuseppe Morchio, l’uomo più importante voluto da Umbero Agnelli.

Alla faccia della continuità. Gli Agnelli che dicevano di voler tenere Fiat rinunciano all’uomo che incarnava questo tentativo. Se e cose hanno un senso, adesso si marcia in direzione diversa.

Secondo: Montezemolo giunge alla presidenza di Fiat in ragione del suo buon rapporto con le banche (e da presidente di Confindustria, poche ore fa, aveva invitato i colleghi ad andare d’acordo con gli istituti di credito), le quali sono virtualmente proprietarie di Fiat, ed hanno il solo interesse di fare cassa; è già presidente della Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali) e somma in sé la rappresentanza, diretta od indiretta, di gran parte dei proprietari dell’editoria italiana. Inoltre guida e rappresenta i più importanti inserzionisti pubblicitari. Il giornalismo italiano farebbe bene a riflettere.

Terzo: Montezemolo si trova nella stessa condizione in cui si trovò Gianni Agnelli, fra il 1974 ed il 1976, presiedendo sia la Fiat che la Confindustria. Quella presidenza non ci lasciò una buona eredità, ed occorse addirittura un referendum per modificare quel punto unico di contingenza, voluto da Agnelli ed i sindacati, che era costato al Paese inflazione e debito.

Insomma, non c’è ragione di guardare alla nomina di ieri in modo pregiudizialmente negativo. Ma neanche c’è ragione, com’è invece successo, di valutarla in modo pregiudizialmente positivo.

Condividi questo articolo