Quel che Vito Gamberale ha detto, nella sua lezione universitaria, ve lo ha perfettamente raccontato, Carioti. Torno su tre (fra i tanti) temi. Il primo: se a pagare gli spioni fossero stati gli amministratori Telecom di un tempo, sarebbero tutti in galera. Verissimo, ed anche giusto (dopo un processo).
Gamberale ha aggiunto che l’arrivo di Rossi alla presidenza rese “esterna a Telecom” l’inchiesta. Come dire che la giustizia non è cieca, e se lo è si fa guidare. Molti non se ne stupiranno, ma la cosa ancora m’indigna.
Un governo serio, secondo tema, s’interessa delle vicende industriali che riguardano le telecomunicazioni. Propugnare l’estraneità dei governanti significa reclamare una sciocchezza. Giusto anche questo, e se Gamberale sente il bisogno di ricordarlo è perché da noi tutte le discussioni diventano oziosamente ideologiche e chi ieri credeva che l’unica economia buona fosse quella di Stato oggi inclina a recitar la parte di chi glorifica gli ingloriosi comportamenti dei privati. Va detto, però, che una cosa è far politica industriale, altra l’entrare in partite di potere economico. Una cosa è dettare regole ed indirizzi, altra il concepire un piano alla Rovati. E se è vero che non c’è motivo al mondo per demonizzare l’impresa pubblica è anche vero che dopo avere privatizzato male, massacrando un’azienda, non è un buon rimedio il ricomprarla.
Terzo tema: al capezzale di Telecom (se ancora disponibile) si chiamino banche, fondazioni, fondi, Rai e Mediaset. La sinergia fra televisione generalista e telecomunicazioni è cosa di cui molti parlarono ma mai prese corpo. Anzi, direi che una sana gestione delle reti tlc è concorrente con quel modo di concepire la tv. In ogni caso, la Rai non è solamente statale (quindi preda della lottizzazione), è anche amministrata pessimamente ed incapace di far bene il proprio mestiere. Le cose starebbero in modo diverso se si fosse fatta la società delle reti tv, cui, però, quasi tutti s’opposero. La lezione di Gamberale è stata bella e coraggiosa, ma su questo punto non mi ha convinto perché la Rai è il residuato fossile d’un passato che sarebbe bene superare, non espandere. Si lavori, piuttosto, affinché la rete sia strumento per i fornitori di servizi e contenuti, dando così ossigeno all’Italia che ha voglia d’innovare.